La Seconda Sezione della Corte d’Appello di Milano ha confermato la condanna a sei mesi per gli ex vertici di Unipol, Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, responsabili di insider trading per un acquisto di obbligazioni del gruppo avvenuto nel 2001. Il finanziere Emilio Gnutti, anche lui imputato a Milano per la stessa vicenda, ha invece patteggiato la pena (sempre sei mesi) che è stata convertita nel pagamento di 140.520 euro di multa. I giudici di secondo grado confermando la sentenza del tribunale hanno inoltre condannato Consorte e Sacchetti a versare 92.500 euro di danni patrimoniali alla Consob. Consorte, presente in aula, è stato peraltro interdetto dai pubblici uffici e dal contrattare con la pubblica amministrazione per il periodo di un anno e due mesi.
“Sono condannato per aver agito nell’interesse di Unipol. È una sentenza che non capisco: faremo ricorso in Cassazione“. Così Giovanni Consorte commenta il verdetto. Nel corso della prima udienza venerdì scorso, l’ex numero uno di via Stalingrado aveva spiegato ai giudici di aver operato “solo nell’interesse di Unipol, senza ricavare alcun vantaggio personale“. Consorte aveva anche spiegato di aver eseguito l’operazione contestata dalla magistratura su suggerimento della direzione finanziaria di Unipol al fine di ottenere il ritiro del debito del gruppo dal mercato. Ma i giudici della Corte d’appello di Milano hanno accolto, invece, la versione dell’accusa. Vale la pena riassumere la vicenda.
Nel marzo 2002, Unipol decise di procedere al rimborso anticipato di due proprie emissioni obbligazionarie. Una, in particolare, aveva un tasso nominale del 2,25 per cento, con scadenza al 30 giugno 2005. A causa dei rendimenti di mercato di allora (il Btp di pari scadenza rendeva intorno al 4,65 per cento), il titolo quotava ampiamente sotto la parità. A beneficio dei non iniziati in matematica finanziaria, ed in primissima approssimazione, un titolo obbligazionario quota sotto la parità quando il rendimento di mercato per strumenti equivalenti è superiore alla cedola pagata da tale titolo. Unipol decise invece di rimborsare anticipatamente un debito che le consentiva di risparmiare sui tassi correnti di mercato. Come magistralmente ricostruito (e denunciato) dal professor Beppe Scienza, la cooperativa bolognese spese, per il rimborso delle obbligazioni, 318 miliardi di lire. Quella somma, investita in titoli di stato di scadenza pari alle obbligazioni poi rimborsate anticipatamente, avrebbe fruttato circa 14 milioni di euro di interessi attivi per il bilancio Unipol. Perché i compagni-manager bolognesi gettarono dalla finestra tanti soldi? L’unica cosa certa è che l’andamento delle quotazioni dell’obbligazione, nei giorni immediatamente precedenti l’annuncio del riacquisto, prese a salire furiosamente, con volumi in forte aumento, nel più classico caso di insider trading che la borsa italiana ricordi. Il tutto, nell’abituale passività della Consob, il nostro ectoplasmatico watchdog borsistico, tardivamente svegliatasi a resipiscenza con la costituzione in giudizio e la richiesta di danni patrimoniali. Scrive Beppe Scienza:
E’ infatti molto strano che qualcuno certi giorni abbia improvvisamente fatto acquisti così mastodontici, per giunta a prezzi poco convenienti. Da inizio 2002 le quotazioni del reddito fisso sono generalmente scese, quelle delle Unipol 2000-2005 invece salite. Dunque non si vede proprio l’interesse a tali acquisti, a meno di sapere in anticipo dell’imminente rimborso. Inoltre è stupefacente che ci fosse qualcuno bello pronto, per esempio il 24 gennaio, a vendere una tale barca di titoli. Tutto questo è sorprendente. Abbiamo cercato lumi da parte dell’Unipol, ma c’è stato raccontato che le obbligazioni erano state rimborsate perché il tasso d’interesse era alto (!). Abbiamo insistito per ottenere qualche giustificazione meno strampalata, ma nonostante ripetute telefonate la stiamo ancora aspettando.
A questo punto viene addirittura il dubbio che il rimborso anticipato, in spregio agli interessi della società, sia stato deciso proprio per permettere quegli strani acquisti.
La linea difensiva di Consorte si è meglio precisata nel corso dei gradi di giudizio. Siamo così passati dal rimborso “perché il tasso d’interesse era alto“, autentica motivazione psichedelica, al “riequilibrio del rapporto tra indebitamento e mezzi propri“, che va un po’ meglio, ma è giustificazione emersa tardivamente. Ora, Consorte afferma di aver semplicemente ratificato, fidandosi, una valutazione della direzione Finanza di Unipol. Che evidentemente ha preso la decisione in un momento in cui l’assicurazione bolognese era priva di Excel.
A noi resta sempre la stessa domanda: perché Unipol non ha finora attivato l’azione di responsabilità verso gli ex amministratori Consorte e Sacchetti? Perché ha effettivamente da sempre saputo (e avallato) la condotta dei suoi due ex amministratori, come suggerisce l’ultima linea difensiva di Consorte? Se le cose stanno così, ed escludendo il dolo, urge che a via Stalingrado si dotino di un foglio elettronico, per calcolare il valore attuale di una passività. E complimenti per la governance. Se invece il cda non sapeva, ancora complimenti per la governance. Che dite, aspettiamo la Cassazione?