Salario massimo

Confermando la propria recente involuzione in termini di comprensione dei meccanismi di mercato, la SPD tedesca si accingerebbe a proporre un tetto di 1 milione di euro annui alla deducibilità dal reddito aziendale dei compensi corrisposti a propri collaboratori. Oltre tale importo la deducibilità scenderebbe al 50 per cento. Il ministro delle Finanze, Peer Steinbrueck, è favorevole alll’idea, mentre per la CDU si tratterebbe di una proposta troppo estrema (ed estremistica). Sfortunatamente, pare tuttavia che la maggioranza dell’opinione pubblica tedesca approvi l’idea, che potrebbe così diventare uno dei leit-motiv populistici della campagna elettorale per le politiche del prossimo anno. Dopo l’introduzione (poi cassata dai giudici)* del salario minimo per finalità protezionistiche, la Germania potrebbe così evolvere (si fa per dire) anche verso il salario massimo.

Comprensibile che il tema sia popolare presso il grande pubblico: viviamo in un’epoca di grande incertezza e precarietà, le denunce sulla diseguaglianza di reddito (vera o presunta) si moltiplicano, di qua e di là dell’Atlantico, anche se trovano orecchie ricettive soprattutto di qua. Ma a noi appare piuttosto sconcertante che qualcuno ritenga possibile fissare per legge (con strumenti magari più diretti di quello fiscale) i compensi che le aziende corrispondono ai propri top manager. In prima approssimazione, il compito di stabilire le retribuzioni dovrebbe spettare al mercato del lavoro ed alle assemblee degli azionisti, che votano bilanci dove vi è (o dovrebbe esservi) chiara indicazione dei compensi ai manager e dei risultati che i medesimi riescono a conseguire. Se il problema è riconducibile ad un deficit di democrazia economica nella governance aziendale, compito del legislatore dovrebbe essere quello di intervenire sulla normativa societaria, cioè a monte del processo di formazione dei redditi. Ma viviamo un’epoca difficile, dove il mercato si prende tutte le colpe, anche quelle che non ha.

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* Il prezioso ed implacabile Giovanni Boggero ci segnala che la disposizione sul salario minimo nel settore postale (Mindestlohn) attende la decisione del Tribunale di secondo grado di Berlino. Se tale pronuncia ammettesse la legittimità del provvedimento, il Ministro del Lavoro proporrebbe l’introduzione del salario minimo anche per altre attività non qualificate. Ma la regressione anti-mercato non ha colpito solo la SPD: anche dal versante della CDU affiorano proposte tremontiane, come quella del governatore del Nord-Reno Westfalia, Juergen Ruettgers (animatore delle proteste di piazza contro la delocalizzazione di Nokia fuori dalla Germania), che vorrebbe agganciare le pensioni al periodo di versamento dei contributi e non alla loro entità. Proposta che, non casualmente, ha trovato l’entusiastica adesione del Parolaio Rosso di Germania, Gregor Gysi della Linke. Italia e Germania unite nella lotta.

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