Scusi, disturbo se liberalizzo?

Le liberalizzazioni sono ”fondamentali” purché siano “sane” e non portino “solo tensioni senza risolvere i problemi”. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola a margine del passaggio di consegne con Emma Bonino, ex titolare del ministero del Commercio internazionale ora passato sotto il ministero di Via Veneto.
“Le liberalizzazioni sono fondamentali se raggiungono l’obiettivo di dare un servizio migliore a costo inferiore ai cittadini. – Ha sottolineato Scajola – E’ necessario un approfondimento e i tempi giusti, altrimenti si finisce col fare lenzuolate che portano solo tensioni senza risolvere i problemi”.

Alla domanda su quale sarà il destino della terza lenzuolata di Bersani ancora in Parlamento, il neo ministro ha risposto: “Si vedrà, si valuterà, siamo appena arrivati”. E’ certamente vero (fin quasi lapalissiano) che ogni intervento sulla struttura dei mercati deve tradursi in un beneficio netto per i consumatori, rimuovendo le rendite di posizione. Ed è altresì comprensibile che un governo appena entrato in carica debba compiere una ricognizione della legislazione prodotta dall’esecutivo precedente, inclusi i provvedimenti pendenti in parlamento. Meno comprensibile appare il riferimento alle “tensioni” prodotte dall’apertura dei mercati. Tensioni verosimilmente non riconducibili ai consumatori, ma alle categorie che si ritengono danneggiate dalle liberalizzazioni medesime.

Dalla frase di Scajola si potrebbe evincere che per il neo-ministro dello Sviluppo Economico contino più gli interessi organizzati dei fornitori di servizi che quelli dei consumatori. Ma possiamo sbagliarci. Il nuovo esecutivo avrà modo di misurarsi con una pletora di mercati bloccati. Il principale dei quali è quello dei servizi pubblici locali, dove la scorsa legislatura naufragò la volontà riformatrice di Linda Lanzillotta. Naturalmente sperando di non dare troppo fastidio ai comuni ed alle loro casseforti irizzate. Un governo troppo “a modo” di solito non è destinato a restare negli annali per spirito riformatore, e invocare improbabili concertazioni proprio da parte di chi ha finora criticato aspramente (e con piena ragione) le liturgie corporative della sinistra confermerebbe l’irriformabilità di questo paese.

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