L’intervento del governo, con l’articolo 4 del decreto fiscale che destina il prestito ponte di 300 milioni ad Alitalia a copertura delle perdite, era necessario ”per l’approvazione del bilancio di Alitalia”, anche per ”scongiurare ipotesi di liquidazione o di procedure concorsuali”.
Lo ha spiegato il sottosegretario al Tesoro, Alberto Giorgetti, nella relazione alla Commissione Bilancio della Camera. Una valutazione resa nota ieri con la pubblicazione sul bollettino parlamentare. Giorgetti spiega che il consiglio di amministrazione di Alitalia, che ha approvato il bilancio ieri notte, e che si era già riunito il giorno prima per poi sospendere la riunione, era in attesa della pubblicazione del documento per poter chiudere i conti dell’esercizio.
L’intervento del governo, e l’inserimento dell’articolo del decreto fiscale, ”discende in particolare dalla necessità ed urgenza connesse con l’aggravarsi della situazione finanziaria di Alitalia”, ha spiegato Giorgetti ai parlamentari. In particolare, ”tale norma è resa necessaria per l’approvazione del bilancio dell’azienda al fine di evitare che per il terzo anno consecutivo venga approvato il bilancio in perdita con ricadute sugli organi societari e di scongiurare inoltre ipotesi di liquidazione”.
Circostanza da evitare (leggete questa, non è male) per il rischio di ”un depauperamento delle attività dello Stato in Alitalia con effetti negativi anche sugli interessi dei terzi azionisti e obbligazionisti” ma anche per non compromettere ”il ruolo della compagnia quale vettore che maggiormente assicura il servizio pubblico di trasporto aereo”. Depauperamento delle attività dello Stato in Alitalia? Davvero Giorgetti e il governo ritengono che il ripianamento di perdite di gestione operativa, senza modificare le condizioni di antieconomicità della medesima, serva ad evitare “il rischio di un depauperamento delle attività dello Stato in Alitalia”? E tra gli stakeholders da tutelare, oltre ad azionisti terzi e obbligazionisti, figurano anche e soprattutto i contribuenti, la vera entità che si cela dietro il concetto di “Stato”. Ma evidentemente quando i leghisti arrivano al governo perdono la loro carica libertaria, vera o presunta, e giocano ai fratellini minori del Leviatano.
Più in generale, il precedente decreto che stanzia il prestito ponte del governo ha ”l’obiettivo di non compromettere la conclusione del processo di privatizzazione”. Come sia possibile concludere qualcosa che di fatto non è mai iniziato resta un mistero.
Quanto alle coperture per l’erogazione del prestito, il sottosegretario leghista conferma che è prevista una riduzione delle autorizzazioni di spesa a valere sul fondo per la competitività delle imprese. In effetti, la copertura identificata è perfetta: una erogazione di mezzi finanziari originariamente concepita come finanziamento-ponte (cioè un debito), che subito dopo si trasforma in patrimonio, cioè mezzi propri, ma con finalità transitoria, ad evitare che le perdite riducano il patrimonio di oltre un terzo, rappresenta certamente una innovazione di cui non vi è pari nella storia del capitalismo occidentale, come scrive il professor Ugo Arrigo su Liberalizzazioni.it.
Resistete, la farsa volge al termine: a giorni la Commissione Europea si pronuncerà sulla legittimità dell’ibrido (debito nei giorni dispari, patrimonio in quelli pari) concesso ad Alitalia. Anche in caso di autorizzazione all’erogazione, la cordata dovrà prendere vita e corpo, e non basteranno più le dichiarazioni patriottiche di qualche capitano di sventura, desideroso di accumulare punti-spesa presso il governo. Noi manteniamo forti dubbi circa l’ammissibilità di questa erogazione-centauro. O meglio, non vi è alcuna ammissibilità in termini di dinamica competitiva in un settore ormai completamente liberalizzato come il trasporto aereo passeggeri, ma potrebbe esservene sotto un profilo strettamente politico nel gioco europeo. Nel frattempo, come suggerisce Arrigo, il governo italiano potrebbe sostenere che l’erogazione
(…) non è un prestito e neppure un aumento di capitale, bensì un indennizzo dello Stato per i danni provocati all’azienda attraverso le interferenze nella gestione, l’assegnazione di obiettivi impropri e la nomina di manager incompetenti tesserati dai partiti. Non un aiuto di Stato, quindi, ma il rimborso per un danno di Stato.
Una nuova e più evoluta forma di finanza creativa sta venendo sperimentata su Alitalia. Non dimentichiamo che siamo il paese di Parmalat, e che l’attuale ministro dell’Economia tiene sulla propria scrivania un portapenne ricavato da un barattolo di pomodori Cirio. Maledetta globalizzazione.
UPDATE: Sul Sole24Ore Franco Locatelli spiega come la sola via di uscita, a questo punto, resti il commissariamento:
È triste ammetterlo ma a questo punto l’avvio dell’amministrazione straordinaria e del commissariamento di Alitalia secondo i dettami della legge Marzano è forse l’unica soluzione e l’inevitabile capolinea di un indiscusso fallimento di Stato. Non è una scelta indolore e nessuno può ignorare i sacrifici che attendono i dipendenti, i creditori, gli azionisti e anche i passeggeri; ma non si può chiedere ai contribuenti di mettere sempre mano al portafoglio. Ancora peggio sarebbe immaginare nazionalizzazioni surrettizie con la Cassa depositi e prestiti nel ruolo della Croce Rossa o con improponibili matrimoni tra Alitalia e Fs.
La Cassa Depositi e Prestiti è, notoriamente, la palestra prediletta da Tremonti, quando il ministro del Tesoro vuole esercitarsi nell’arte della finanza creativa. Ma riguardo il “buon senso” invocato da Locatelli, ecco la risposta governativa. A questo punto non resta che sperare nella Commissione europea. Nel frattempo, in una democrazia parlamentare sarebbe opportuno che il governo riferisse alle Camere, se non è chiedere troppo.