Segnaliamo alcuni deliri rinvenuti dal sempre attento Lamiadestra in un articolo pubblicato da Ragionpolitica. Da cui si evince, tra l’altro, che: l’indipendenza della banca centrale è frutto di “posizioni di retroguardia culturale”; che l’aggettivo-sostantivo “monetarista” per qualcuno è intelligibile come la teoria della relatività ristretta; che l’aumento dei tassi d’interesse è causa di aumento dei prezzi. Dobbiamo evidentemente inferire che per l’estensore dell’articolo per combattere l’inflazione occorra ridurre i tassi, ma anche che la forza di gravità possa essere negativa, per cui i corpi cadono verso il cielo.
E ancora: che l’apprezzamento dell’euro verso dollaro avrebbe “rallentato copiosamente” (che già come espressione è molto plastica) l’export europeo sui mercati mondiali. Infatti la Germania, notoriamente, fuori dall’Ue non esporta più neanche un bullone arrugginito, e lo stesso dicasi (udite, udite!) per le imprese italiane. E’ giunto il momento di mettere un freno a questa dittatura della Bce, dice sRagionpolitica, e all’uopo si stanno già muovendo i “governi europei più influenti”: Francia, Italia e Spagna in testa. Non viene citato il governo di quella repubblica delle banane nota come Germania, contrario anche solo a pensare di attenuare l’autonomia della Bce. Che peraltro, dalla nascita ad oggi, qualche risultato lo avrebbe anche ottenuto, diciamo. Vale la risposta di lamiadestra:
A me pare che più che altro siano le mani bucate dei ministri dell’economia di Italia e Francia che hanno costretto, a malincuore, gli altri Paesi ad accettare le modifiche alle regole di Maastricht. Che saranno anche state un po’ stupide, ma per lo meno erano regole, che ponevano un certo vincolo all’allegra mania spendacciona di certi ministri.
Aggiungiamo anche che è di ieri un fattoide statistico (peraltro noto a tutti, epidermicamente), che conferma che l’Italia è un paese talmente virtuoso da aver buttato nello sciacquone il dividendo dell’Euro. Perché c’era anche un dividendo dell’euro per il nostro paese, pensate.
C’è solo da auspicare che simili “visioni” politiche, oggi fortunatamente relegate al folklore, non giungano mai ad essere realizzate. Passeremmo dall'”Europa dei popoli” all’Europa di Weimar, penultima fermata prima dell’Argentina, a cui forse arriveremo comunque, con una “classe dirigente” così economicamente analfabeta.