Promesse mantenute: il governo svedese taglia le tasse

Il governo svedese ha annunciato tagli alle imposte sui redditi per 15 miliardi di corone (circa 1,5 miliardi di euro), che rappresentano poco più del 2 per cento del pil, con l’obiettivo di stimolare il mercato del lavoro. La proposta, che sarà presentata al parlamento il 22 settembre come parte della legge di bilancio del 2009, rappresenta il terzo modulo di un programma di tagli d’imposta introdotti nel gennaio 2007 per stimolare l’occupazione. Con l’approvazione di questo modulo, circa il 97 per cento dei lavoratori a tempo pieno otterranno riduzioni d’imposta di oltre 1000 corone al mese, rispetto al 2006.

La settimana scorsa il governo di Stoccolma ha annunciato inoltre un pacchetto di 16 miliardi di corone mirato a migliorare il clima d’affari per le imprese, che a sua volta dovrebbe stimolare l’occupazione. Il pacchetto include proposte per tagliare l’aliquota dell’imposta sulle società dal 28 al 26,3 per cento nel 2009, ed una riduzione di circa un punto percentuale dei contributi sociali pagati dai datori di lavoro.

Dall’arrivo al potere, nell’autunno del 2006, l’attuale governo di Stoccolma ha adottato una serie di misure finalizzate a spingere gli svedesi a tornare sul mercato del lavoro, invece di vivere di sussidi statali. Lo avevamo tempestivamente segnalato in un nostro Focus per l’Istituto Bruno Leoni, commentato anche da Piero Ostellino, nell’ennesima occasione per porre domande ai riformisti di casa nostra (all’epoca al governo), come sempre destinate a restare senza risposte. Ma il destinatario delle domande era in qualche modo sbagliato: il governo svedese è un governo “borghese”, come si dice a quelle latitudini, cioè un governo non di sinistra.

Oggi, con il governo italiano passato al centrodestra, quelle stesse domande sono più che mai attuali, e vanno rivolte a Berlusconi e Tremonti. E’ vero, siamo in una crisi globale, ma è proprio durante le crisi che occorrono misure fiscali espansive. Diversamente si entra in modalità prociclica, e si fa dell’autolesionismo. E’ vero, l’Italia non è la Svezia, ha uno stock di debito pubblico imponente che limita fortemente i margini di manovra dello stimolo fiscale. Ma ciò non toglie che i conti di Tremonti non tornano: esiste una previsione di fabbisogno di cassa per il secondo semestre 2008 che sembra prefigurare uno scenario catastrofico nell’andamento dei conti pubblici, soprattutto dal versante della spesa. Perché? Si sta costruendo l’ennesimo tesoretto per mostrare quanto si è abili o c’è dell’altro? Ministro Tremonti, se non vuole rispondere a noi risponda almeno alla Corte dei Conti, sia gentile.

Update: il Centro Studi di Confindustria, nell’ultimo numero dei suoi Scenari economici, prevede per l’Italia una contrazione del pil dello 0,1 per cento nel 2008, con fine della recessione nel quarto trimestre. Ma soprattutto, il CSC vede un effetto fiscale restrittivo dello 0,3 per cento sul pil del prossimo anno. Si conferma l’impostazione autolesionistica che il governo sta dando alla propria politica economica.

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