I commenti che prevalgono in queste ore sull’assegnazione del Nobel per l’economia a Paul Krugman sono improntati a darne un’interpretazione “politica”, di critica forte alla presidenza Bush ed al suo operato in economia. Il che ci può stare, visto che da sempre il comitato per l’assegnazione del premio non opera in un vacuum. Questa interpretazione tende a mettere in secondo piano la rilevanza dell’attività accademica di Krugman, ed il suo contributo alla comprensione di parte non marginale del mondo che ci circonda (il commercio internazionale).
Significativo, a questo proposito, il commento di Tyler Cowen, che certo non può essere accusato di vicinanza ideologica a Krugman:
“I have to say I did not expect him to win until Bush left office, as I thought the Swedes wanted the resulting discussion to focus on Paul’s academic work rather than on issues of politics. So I am surprised by the timing but not by the choice.”
Cowen ha ragione. Il timing del premio autorizza a pensar male, purtroppo. Ma anche pensando male, il valore accademico di Krugman dovrebbe restare come verità indisputata, almeno per chi sa di cosa stiamo parlando. Quindi non per alcuni tuttologi nostrani, che giungono a compiere spericolate induzioni proprio su questo punto. Affermare che, “di questo passo” si finirà con l'”assegnare il Nobel per la fisica a chi ha lanciato il treppiede in testa a Berlusconi”, vuol dire esattamente questo: dare un premio a chi non ha alcun titolo per meritarlo, basandosi su un pretesto. Mossi esclusivamente da motivazioni politiche.
Come definire l’autore di simili induzioni? Ipotizziamo citrullo. Per giunta incompreso.