La globalizzazione non è minacciata solo dalla crisi finanziaria, ma anche dalla pirateria che opera al largo delle coste somale. L’ultimo colpo, compiuto sabato scorso, è il sequestro di una superpetroliera della saudita Aramco, che ha dimensioni triple rispetto a quelle di una portaerei statunitense e può trasportare fino a 2 milioni di barili di greggio. Uno schiaffo alla forza di pattugliamento marittimo multinazionale (che include navi militari statunitensi, russe e britanniche), istituita per contrastare il fenomeno della pirateria somala.
Il supertanker, con 25 uomini di equipaggio, è stato sequestrato a circa 450 miglia al largo della costa di Mombasa, e si dirige verso il porto somalo di Eyl, sulla costa dell’Oceano Indiano, dove già si trovano altre prede, tra cui un cargo ucraino sequestrato a fine settembre col suo carico di carri armati T-72. Si calcola che, oggi, i pirati somali agiscano in un’area di mare di 1,1 milioni di miglia quadrate. Simili episodi dimostrano la criticità dei failed states in zone sensibili per il commercio internazionale, e la fallacia degli approcci di contenimento e controllo adottati dal sistema di sicurezza globale.