Sostiene Tremonti:
«Esiste un blocco di documenti che hanno origine a Bruxelles da cui risulta che il sistema italiano, stratificato su più anni, era fuori dalla giurisprudenza europea per la quale dato un medesimo servizio non puoi avere aliquote segmentate in funzione delle tecniche di trasmissione utilizzate»
Per questo motivo
«è stata avviata una procedura di infrazione comunitaria e la soluzione poteva essere solo quella dell’allineamento delle aliquote. C’è un carteggio tra la Commissione Ue e il Governo Prodi che prevede l’impegno del Governo ad allineare le aliquote. L’impegno scadeva in questi giorni»
Corsi e ricorsi storici. Noi non abbiamo (ancora) riscontri sul “blocco di documenti” alla base di questa armonizzazione-sprint che stranamente non è stata messa in Finanziaria, magari assieme alla revisione organica dei contributi all’editoria. Ma possiamo ipotizzare che ben difficilmente, il giorno successivo alla scadenza dell’ipotetico termine perentorio (certo, come no), da Bruxelles si sarebbe levato in volo uno stormo di angeli sterminatori diretto verso l’Italia.
Ma è comunque apprezzabile questa metamorfosi di Tremonti: nel 2003 certificava solennemente che l’Italia, relativamente al periodo 1998-2001, era incapace di accertare le operazioni imponibili a fini Iva, mettendoci sopra un bel condono che ha portato alla condanna del nostro paese da parte della Corte di Giustizia europea. Oggi, il Nostro è talmente timorato di Bruxelles che non intende neppure avvicinarsi a meno di un mese da una scadenza che era sfuggita a tutti, Commissione europea compresa.
E’ incredibile quanto le esigenze di cassa rendano i ministri rispettosi delle norme comunitarie. Anche di quelle che non esistono.
P.S. Un appello a Sky da un umile abbonato: piantatela con questa stupida campagna che mobilita le strapagate Latella e D’Amico per spiegarci come sia importante resistere-resistere-resistere in questo feral momento della nostra storia di consumatori, restando “liberi di scegliere”. Attendendo Gandhi e Mandela.
Update: la portavoce del Commissario Ue alla fiscalità conferma che, in assenza di idonea azione correttiva, la Commissione avrebbe dovuto aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia, perché non può darsi una segmentazione di aliquote per uno stesso tipo di servizio. Nessun termine perentorio indicato per sanare la distorsione fiscale, prima dell’apertura della procedura di infrazione: era proprio un’esigenza di cassa di Tremonti, quindi, e si sono presi due piccioni con un’aliquota. Quindi avevamo visto giusto: Mediaset e Sky sono effettivamente concorrenti, almeno nella pay-tv, a differenza di quanto sostenuto dal premier due giorni fa. Ora possiamo voltare pagina, e con noi possono farlo Sky, che potrà rivedere i propri conti e le proprie strategie di prezzo (se lo riterrà opportuno), ed anche il governo, che dopo questa prova di sollecitudine ad adempiere a disposizioni europee, potrà dare seguito alla pronuncia della Corte di Giustizia europea sul caso di Europa7. Sempre che la poveretta non muoia prima del riordino della materia.