Giovedì 12 marzo la Banca Nazionale Svizzera ha tagliato i tassi d’interesse di riferimento di 25 punti-base, portando il corridoio-target sul Libor in franchi tra zero e 0,75 per cento, ed ha annunciato un piano per implementare un approccio di easing quantitativo alla politica monetaria. L’istituto di emissione elvetico ha affermato che la recente forza della valuta rappresentava una “inappropriata restrizione delle condizioni monetarie”, nel momento in cui si sta verificando un forte rallentamento dell’economia. Per questo motivo, la Banca Nazionale Svizzera ha deciso di acquistare valuta estera sul mercato dei cambi per impedire ogni ulteriore apprezzamento del franco rispetto all’euro. A pochi minuti dall’annuncio, il franco ha ceduto circa il 3 per cento contro euro.
Con l’economia svizzera prevista contrarsi quest’anno tra il 2,5 ed il 3 per cento, ed i prezzi attesi in calo di almeno lo 0,5 per cento (con inflazione prossima allo zero anche nel 2010 e 2011), la banca centrale elvetica è preoccupata che possano verificarsi condizioni simili a quelle del “decennio perduto” giapponese. Causare un forte deprezzamento della valuta – risultato ottenibile iniettando rapidamente nel sistema finanziario ingenti quantità di liquidità – rappresenta uno degli strumenti più noti per combattere la deflazione. La situazione economica svizzera si è fortemente deteriorata dallo scorso dicembre. L’easing quantitativo verrà attuato attraverso l’aumento di operazioni di pronti contro termine ed acquisto a fermo di obbligazioni societarie denominate in franchi svizzeri, oltre all’acquisto di valute estere.
Già anni addietro, al momento dell’introduzione dell’euro, la Banca Nazionale Svizzera aveva comunicato che non avrebbe consentito un eccessivo apprezzamento del franco, ad evitare che l’economia del paese (fortemente interconnessa, in termini di interscambio commerciale, con quella dell’Unione europea) potesse perdere competitività. Tale politica di mantenimento di un sostanziale aggancio del franco all’euro (in termini reali, cioè corretti per il differenziale inflazionistico), implica la potenziale perdita di controllo degli aggregati monetari, come mostra l’andamento nel corso degli ultimi anni della massa monetaria M1. Il franco svizzero è stato utilizzato come veicolo di carry trade nelle operazioni finanziarie internazionali. L’operazione, come noto, prevede l’indebitamento in una valuta a basso tasso d’interesse, stabile o suscettibile di tendenziale deprezzamento, e l’investimento del ricavato in una valuta ad alto rendimento e stabile o suscettibile di apprezzamento. Nel caso svizzero le condizioni di stabilità monetaria e basso rendimento hanno originato una ingente erogazione di prestiti a privati ed imprese dei paesi dell’Est europeo.
In paesi come Polonia, Ungheria, e Croazia, il franco svizzero è pertanto divenuto una valuta fondamentale. Migliaia di famiglie e piccole imprese si sono indebitate in franchi svizzeri anziché nella divisa nazionale, contando sull’apprezzamento di quest’ultima rispetto all’euro e sulla stabilità del cambio tra la moneta unica europea ed il franco svizzero, che malgrado ciò ha sempre avuto tassi inferiori (e non allineati) a quelli dell’euro. In Ungheria, ad esempio, il 31 per cento dei prestiti sono denominati nella divisa elvetica. Proporzione che balza al 60 per cento per i finanziamenti alle famiglie.
Oggi, la crisi finanziaria ha posto fine all’era del credito facile. A causa di ciò, le divise dell’Est Europa stanno subendo un forte deprezzamento. Alla fine dello scorso settembre, occorrevano 46 franchi per comprare 100 zloty polacchi. Lo scorso febbraio ne bastavano circa 30. Questo significa che sempre più debitori stanno avendo problemi con il servizio del debito espresso in valuta, e col suo rimborso. Le banche svizzere e le istituzioni finanziarie offshore hanno prestato franchi alle banche locali, che li hanno impiegati per finanziamenti ai propri clienti. A causa del forte deprezzamento delle valute nazionali (fino ad un terzo nel caso del fiorino ungherese e dello zloty polacco), il debito denominato in franchi svizzeri è aumentato in pari misura. Secondo una stima della Banca per i Regolamenti Internazionali (BRI), i prestiti in franchi svizzeri emessi a livello globale ammonterebbero all’equivalente di 675 miliardi di dollari, di cui 150 miliardi direttamente dalla Svizzera, 80 miliardi dal Regno Unito e 430 miliardi attraverso centri finanziari offshore.
Di questi 675 miliardi, circa 200 miliardi sono stati erogati a paesi dell’Est Europa, ed una frazione significativa di essi sono denominati in franchi svizzeri. Quanto di questi finanziamenti risultino in sofferenza è ignoto, ma anche un tasso di insolvenza del 20 per cento equivarrebbe a forti perdite per le banche coinvolte. Anche per questo motivo la Banca Nazionale Svizzera ha deciso di intervenire rendendo disponibili molti miliardi di franchi a favore delle banche centrali nazionali (come accaduto in misura rilevante soprattutto in Polonia), per consentire alle banche commerciali locali di coprire i prestiti. Al contempo, l’istituto di emissione elvetico ha sondato la disponibilità della Banca Centrale Europea a concederle finanziamenti di emergenza. Questo suggerisce il rischio che il franco svizzero possa trovarsi sotto forti pressioni ribassiste nel prossimo futuro.
L’annuncio dell’adozione di una politica monetaria di easing quantitativo da parte della Banca Nazionale Svizzera ha determinato un significativo apprezzamento delle valute dell’Est Europa contro il franco, e ciò servirà almeno in parte a ridurre la sofferenza dei debitori di quei paesi. Ma i rischi per la Confederazione restano, poiché la dimensione del suo sistema finanziario rappresenta un multiplo del prodotto interno lordo del paese.
La Svizzera, come l’Islanda, è minacciata da un potenziale dissesto nazionale. In conseguenza del quale si verificherebbe un forte deprezzamento del cambio, fino al limite del crollo. Un altro esito sarebbe un massiccio declassamento del rating. Il franco potrebbe diventare una valuta debole ed instabile, e la Svizzera forzata ad abbandonare la propria valuta ed entrare nell’euro.
Sempre la scorsa settimana, inoltre, le giurisdizioni europee finora caratterizzate dal segreto bancario (Liechtensteim Andorra, Austria, Lussemburgo, Jersey e la stessa Svizzera) hanno aderito agli accordi internazionali di scambio di informazioni, per disinnescare la minaccia di essere inseriti in una lista nera di paradisi fiscali non cooperativi redatta dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). A seguito di questa adesione, la Svizzera fornirà informazioni su titolari di conti sospettati di evasione fiscale da un altro paese.
E’ finita un’epoca.
