Si, lo sappiamo, siete stanchi di leggere delle avventure delle banche americane, questo blog sta diventando monotono e monomaniacale come quelli punteggiati da un’interminabile lista di stucchevoli e pretestuosi “That’s right“, “That’s it” o come diavolo si chiamano, o quelli che raccontano dell’improbabile epica di qualche satrapo del Far East assurto improvvisamente a ombelico del mondo. Ma anche a costo di subire un’emorragia di lettori, in fuga verso Discovery Channel, noi proseguiamo a notiziarvi, perché gli spunti sono troppo demenziali. Considerate questi post una sorta di taccuino di appunti riempito sul set di un film di David Lynch. Quando tutto sarà finito (ognuno assegni a questa frase il senso che preferisce), torneremo ad occuparci con maggior dedizione dello stagno italiano.
Dunque, ieri le banche americane si sono sbriciolate, dopo i conti farlocchi del primo trimestre di Bank of America. Ma anche per la possibilità che le azioni privilegiate sottoscritte dal Tesoro nell’ambito del TARP potessero essere convertite in azioni ordinarie, diluendo ferocemente gli azionisti ordinari preesistenti, e per definizione i corsi di borsa. Oggi, silenzio parla Geithner, audizione al Congresso. Timmy scopre che ci sono “segnali di disgelo del credito” (?), oltre ad “alcuni segni di ritorno della fiducia” (??). Ma non è tutto: già oggi, “la vasta maggioranza delle banche dispone del capitale necessario per essere considerata ben capitalizzata dai propri regolatori”, checché ne dicano quei portasfiga del Fondo Monetario Internazionale. Mai avuto stress test in vita mia.
Passata è la tempesta, odo Emma far festa. D’acchito, il buon Pandit, che se cambiasse una vocale sarebbe pure uno che se intende, detta alle agenzie (quelle di stampa, non di rating) che Citigroup è pronta a risorgere, appena la congiuntura volgerà al meglio, e che restituirà “fino all’ultimo centesimo” dei fondi pubblici ottenuti. I mercati realizzano che per oggi il pericolo-diluizione torna nel cassetto e festeggiano, ricomprando i titoli bancari. Nel frattempo, tuttavia, i mercati del credito non la bevono, ed i credit default swap delle maggiori banche tornano ad allargare in modo significativo. Chi sbaglia, tra credito e azionario? Oppure sono le stesse banche che stanno nuovamente scommettendo sul proprio dissesto, perché in un modo o nell’altro bisogna mettere assieme il bonus con le stock option? E qualche cospirazionista di complemento scopre pure che Ed Liddy, l’uomo che l’Amministrazione Bush ha messo alla guida di AIG, è azionista di Goldman Sachs, (3 milioni di dollari di controvalore, neppure eclatante), la quale ha fatto il bilancio del primo trimestre anche grazie a pagamenti di AIG sulle posizioni di credit default swap aperte. Ma che sarà mai, un conflitto d’interesse?