Ma noi ne usciremo meglio di altri – 3

A causa della crisi finanziaria, il debito pubblico italiano salirà nel 2010 al 121 per cento, con un incremento di 15 punti percentuali, dal 106 per cento del 2008. Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) nel Global Financial Stability Report, nel quale precisa che i costi per la stabilizzazione finanziaria sono risultati pari allo 0,9 per cento del pil. I dati sul debito – spiega il Fmi illustrando una tabella del primo capitolo del Rapporto – sono tratti dal World Economic Outlook dell’aprile 2009, mentre le stime sui costi provengono dal dipartimento degli Affari fiscali del Fmi.

Il deterioramento dei conti pubblici non è comunque un fenomeno limitato: in Germania il debito 2010 si attesterà all’87 per cento con un aumento di 19 punti percentuali. In Giappone l’incremento sarà di 30 punti percentuali al 227 per cento, mentre negli Usa il balzo sarà di 27 punti al 98 per cento. In Francia, l’aumento sarà di 13 punti percentuali all’80 per cento.

I pacchetti di stimolo fiscale varati dai vari governi faranno salire i deficit di bilancio sia nelle economie avanzate sia in quelle emergenti: per l’Italia il Fondo stima un disavanzo del 5,4 per cento nel 2009 e del 5,9 per cento nel 2010, in linea con quello di Eurolandia che si attesterà quest’anno al 5,4 per cento e il prossimo al 6,1 per cento. In particolare il deficit francese risulterà pari al 6,2 per cento e al 6,5 per cento rispettivamente nel 2009 e nel 2010, mentre quello tedesco si attesterà al 4,7 per cento quest’anno e al 6,1 per cento il prossimo. ”E’ necessario far scendere i deficit e instradare il debito pubblico su una traiettoria sostenibile”, spiega il Fmi precisando che i conti publici si troveranno ad affrontare ”una difficile transizione nei prossimi cinque anni. Dopo il balzo del 2009, i deficit di bilancio vanno consolidati per riportare le finanze pubbliche su una strada sostenibile. La velocità del consolidamento di bilancio dipenderà dalla crescita nel 2010” e negli anni seguenti:

“I deficit resteranno inevitabilmente elevati nel 2010 a fronte di un sostegno fiscale alle ancora fragili condizioni economiche. Ma anche dopo il consolidamento, le prospettive di bilancio delle economie avanzate destano preoccupazione, soprattutto alla luce delle pressioni derivanti dall’invecchiamento della popolazione“.

Ciò premesso, l’Italia ha una vulnerabilità maggiore rispetto agli altri paesi: lo stock di debito pubblico fin qui cumulato. Come noto (almeno si spera lo sia, in caso contrario si può rapidamente colmare la lacuna qui), il rapporto debito-Pil si autoalimenta ogni volta che il tasso reale pagato sullo stock di debito eccede il tasso di crescita reale dell’economia. Con una crescita del Pil che negli ultimi anni è rimasta prossima a zero, solo il conseguimento di ampi avanzi primari ha permesso di stabilizzare e  piegare il rapporto debito-Pil. In più, e ciò che è peggio, in questo momento ci troviamo in un ambiente certamente disinflazionistico e potenzialmente deflazionistico, e poiché lo stock di debito non paga tassi nominali negativi, il tasso reale sul debito rischia di crescere in modo significativo, e con esso il rapporto debito-Pil. Per questo motivo occorre fare l’impossibile per liberare la crescita del paese con terapie d’urto, portandola a superare il tasso d’interesse reale pagato sul debito, che è (lo ricordiamo) determinato dal tasso d’interesse reale “globale” maggiorato di un premio al rischio specifico per il paese, funzione della percezione di sostenibilità del debito e delle prospettive di crescita.

Se al momento della ripresa l’Italia non riuscirà a crescere in modo sostenuto e costante, il rischio è quello di entrare in una traiettoria esplosiva del rapporto debito-Pil. Con tutto quello che ciò implica.

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