Il Financial Times riporta che la Cina si prepara a lanciare un’investigazione volta ad accertare se i costruttori automobilistici statunitensi abbiano ricevuto sussidi ilegittimi dal governo di Washington. La Cina attualmente ha un livello molto basso di importazioni di auto dagli Stati Uniti, ma l’indagine potrebbe essere utilizzata come strumento di pressione rispetto alle ricorrenti e crescenti accuse americane verso i sussidi all’esportazione di cui beneficiano le imprese cinesi.
Il programma americano cash for clunkers ha beneficiato anche costruttori e fornitori esteri, i cui modelli compatti sono effettivamente stati al vertice delle classifiche di vendita. Discorso diverso invece è quello relativo alla nazionalizzazione di GMAC, l’ex braccio finanziario di General Motors, specializzato nei finanziamenti per acquisto di auto. Dopo una prima iniezione di capitale pubblico pari a 7,5 miliardi di dollari, in maggio, la società ha fatto ricorso alle garanzie pubbliche sull’emissione di indebitamento (il Temporary Liquidity Guarantee Program, TLGP) che consente alle imprese beneficiarie di emettere debito valendosi della garanzia sovrana del Tesoro degli Stati Uniti.
Non paga di queste agevolazioni GMAC, nell’imminenza dell’incorporazione della omologa società di finanziamento di Chrysler, ha chiesto e ottenuto che il Tesoro sottoscriva un massimo di 5,6 miliardi di dollari, sotto forma di preferred shares convertibili in azioni ordinarie. Questo importo corrisponde al “buco” di capitale che GMAC deve ancora colmare, e risultante dagli stress test delle maggiori istituzioni finanziarie lanciati la scorsa primavera. Come nelle aspettative, la società non è stata in grado di ricorrere al mercato azionario per ricapitalizzarsi e assumere i crediti di Chrysler Financial. Il Tesoro, che attualmente detiene il 34,5 per cento del capitale ordinario di GMAC, all’atto della conversione delle azioni privilegiate finirà con l’assumere il controllo della società , che quindi sarà nazionalizzata a tutti gli effetti.
Con un settore automotive ormai pubblico, sia per manifattura che per credito al consumo, i rischi di distorsioni alla concorrenza globale sono molto alti, per usare un eufemismo. Da qui l’iniziativa cinese, strumentale e funzionale ad avere le mani un po’ più libere, nel quadro di una politica mercantilista che sta ormai conquistando il mondo, e che fortunatamente non è (ancora) sfociata in protezionismo conclamato. Vedere la Cina accusare di dumping gli Stati Uniti dà la misura di quanto il mondo sia cambiato.
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