Scudati risparmi

Nuova polemica di esponenti dell’esecutivo contro la Banca d’Italia. Questa volta ad adombrarsi ed arruolare la nostra banca centrale nella ormai foltissima schiera di “oppositori” del governo, è il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli. Il quale, usando accenti sacconiani rinforzati, accusa via Nazionale di descrivere, niente meno, “un quadro fallimentare che fa male a tutto il paese”. Esagerato. La Banca d’Italia si è limitata a comunicare che, sulla base delle segnalazioni statistiche arrivate a tutto il 15 febbraio 2010, il flusso di fondi materialmente rientrati nel paese è di 35 miliardi di euro.

Quale è il punto? Che il Ministero dell’Economia, in un trionfale comunicato dello scorso 29 dicembre, parlava di

“95 e 98. E’ con questi due numeri che si può sintetizzare in un primo bilancio l’operazione “Rimpatrio dei capitali in Italia”.
95 miliardi di euro (pari a 190.000 miliardi di vecchie lire) è il volume delle operazioni. Su questo volume, il 98 per cento è fatto da rimpatri effettivi in Italia.
Sono numeri che marcano uno straordinario successo, segno di forza della nostra economia e di fiducia nell’Italia.

E’ sull’aggettivo effettivi, riferito a rimpatri, che sorgono problemi. Come segnala Maria Cecilia Guerra, analizzando il dato di Bankitalia su lavoce.info (la lettura preferita degli economisti, dopo Topolino), l’operazione-scudo era basata su tre tipologie di operazioni: rimpatri con liquidazione, quelli che danno origine al rientro dei fondi, rimpatri senza liquidazione e regolarizzazioni. Al 15 febbraio risultano rimpatriati con liquidazione (che significa che le attività detenute all’estero sono state vendute, ed il controvalore è stato bonificato al conto italiano di un intermediario residente in Italia, pagando il 5 per cento al fisco italiano) solo 34,9 miliardi di euro. La differenza, pari a 50,1 miliardi, fa parte della categoria “rimpatri senza liquidazione e regolarizzazioni”. L’irritazione di Calderoli discende dal fatto che

«Chi conosce la materia sa benissimo che i 60 miliardi di provenienza elvetica sono dovuti per forza rientrare, non avendo la possibilità di essere regolarizzati, visto che la Svizzera non è presente nella ‘White List’. Si è cercato di vendere come totale del rientro effettivo i 35 miliardi che rappresentano invece solo il flusso finanziario attraverso bonifici, mentre in realtà, come chiaramente spiegato dall’Agenzia delle Entrate, sono ben 93 i miliardi di beni che sono rientrati e 2 quelli regolarizzati»

Seguono contumelie varie all’indirizzo di quei disfattisti di Bankitalia. Proviamo a sbrogliare la matassa: i capitali scudati, quelli che sono stati assoggettati ad imposta sostitutiva del 5 per cento, sono effettivamente 95 miliardi di euro. Invece, i capitali scudati, trasferiti in Italia ed assegnati in amministrazione o gestione ad intermediari residenti in Italia sono solo poco più del 40 per cento di tale cifra. Il punto politico della questione, che è quello che richiama la Guerra, sono i toni del comunicato del MEF del 29 dicembre:

«I rimpatri con liquidazioni, gli unici che potrebbero segnare quella fiducia nell’Italia ricordata dal Mef sono quindi soltanto il 41% del totale»

Ad indiretta conferma di questa tesi, ci sono le dichiarazioni del mese scorso di alcuni addetti ai lavori:

Molti dei capitali italiani piazzati nelle banche ticinesi sono ora rimpatriati nell’ambito della terza amnistia fiscale lanciata dal governo di Roma lo scorso settembre. Una buona parte è stata ‘virtualmente’ regolarizzata, senza tornare fisicamente nella Penisola. Lo ha detto oggi all’Ats Franco Citterio, direttore dell’Associazione bancaria ticinese (Abt), aggiungendo che “riguardo al rientro effettivo dei capitali italiani regna una certa confusione dovuta ai media”. Infatti, ha spiegato, “numerosi conti sono stati effettivamente chiusi e gli averi riportati in Italia” nell’ambito del cosiddetto scudo fiscale, ma “una buona parte è stata regolarizzata nelle nostre banche” senza prendere fisicamente la via del ritorno. I conti in questione hanno cambiato titolare, passando, ad esempio, a nome di società fiduciarie italiane. (Adn – Kronos, 21 gennaio 2010)

Considerazioni analoghe sono state fatte da Alfredo Gysi, amministratore delegato della BSI, gruppo Generali, grassetto nostro:

«Molti clienti della BSI hanno fatto capo al rimpatrio giuridico e continuano a far amministrare in Svizzera i loro patrimoni assoggettati al fisco attraverso società fiduciarie italiane»

Appunto, trattasi di rimpatrio giuridico, nel quale “un intermediario abilitato residente in Italia assume formalmente in custodia, deposito, amministrazione o gestione il denaro e le attività finanziarie detenute all’estero, senza che si proceda al materiale trasferimento delle stesse nel territorio dello Stato”. Non sono cioè soldi destinati ad affluire al nostro sistema produttivo. Un  paese che susciti “fiducia” viene alluvionato di capitali veri, finalizzati ad investimenti diretti e di portafoglio, ed è ben altra cosa rispetto agli esiti di questo scudo fiscale. L’espressione “rimpatri effettivi”, utilizzata dal MEF, è perlomeno fuorviante.

Calderoli non se la prenda, capita a tutti di non riuscire a comprendere un testo di legge. Anche se, quando capita al ministro per la Semplificazione, è forse più grave, oltre ad avere il sapore della beffa.

Update del 21 febbraio: finora dai telegiornali abbiamo sentito alcuni autentici deliri, probabilmente frutto più di ignoranza (che nel caso di specie sconfina nell’analfabetismo) che di malafede. Ma non ne abbiamo ancora trovato uno che abbia correttamente compreso i termini della questione. Per chi volesse un riepilogo sintetico ma molto accurato dell’intera vicenda, a partire dalla trionfale dichiarazione del MEF del 29 dicembre, consigliata la lettura di Sandro Brusco su nFA, che ringraziamo per la citazione e l’apprezzamento.

Update del 22 febbraio: lavoce.info tira le somme. Come sempre più spesso accade, la stampa italiana ne esce con le ossa rotte:

«Compito della stampa è quello di verificare che le informazioni contenute nelle dichiarazioni dei governi siano corrette. Non ci siamo solo noi ad avere le competenze per leggere attraverso i comunicati. Perché queste competenze non sono state attivate in questi casi?»

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