Una vita da cani. Di Pavlov

Nell’ottavo anniversario dell’assassinio (ancora più vigliacco dei pur abitualmente elevati standard dei terroristi rossi) di Marco Biagi, Pietro Ichino ricorda sul Corriere che ne è stato della elaborazione teorica del giuslavorista bolognese, caduta vittima (l’ennesima) di una sterile battaglia ideologica tra le due tribù italiane. Urlare su tutto per non cambiare nulla.

C’è un passaggio della lettera di Ichino che merita di essere riprodotto integralmente, perché rappresenta la sintesi di ciò che è diventato un paese accecato dall’impotenza riformistica e da dissonanze cognitive figlie di un ideologismo malato:

«Allora la maggioranza di centrodestra […] presentò [la legge Biagi, ndPh.] — falsamente— come la legge che avrebbe reso il mercato del lavoro italiano “il più libero e fluido d’Europa”; e all’opposizione non parve vero di prendere la maggioranza in parola, demonizzando quella legge come la “liberalizzazione selvaggia”, lo smantellamento del sistema delle protezioni del lavoro.

Poiché almeno su questo punto maggioranza e opposizione erano sostanzialmente d’accordo, l’opinione pubblica si convinse che le cose stessero proprio così. Salvo poco più tardi dover constatare che quella legge non aveva cambiato neppure una virgola della disciplina del rapporto di lavoro regolare a tempo indeterminato e non aveva creato alcuna forma di lavoro “precario” che non esistesse già prima: si era limitata a riconoscere e a regolare, più severamente di prima, rapporti di lavoro marginali già da tempo in via di crescente diffusione. Durante la legislatura prodiana, il ministro del lavoro Damiano utilizzò largamente proprio la legge Biagi per arginare gli abusi delle collaborazioni autonome. Ciononostante la maggioranza di allora cercò affannosamente qualche cosa da abrogare di quella legge, senza trovarlo; e alla fine, disattendendo l’accordo interconfederale del 23 luglio 2007 firmato da tutti i sindacati e associazioni imprenditoriali, poiché era intollerabile che la legge aborrita venisse lasciata intatta, decise di abrogarne la previsione dello staff leasing, ovvero di una forma di organizzazione del lavoro che prevede un rapporto stabile, a tempo indeterminato, con applicazione dell’articolo 18 dello Statuto. Naturalmente, il fenomeno del precariato non ne fu minimamente scalfito. Coll’individuare nella legge Biagi una delle cause principali di quel fenomeno, la vecchia sinistra ha clamorosamente sbagliato il bersaglio»

Ma non è solo la vecchia sinistra ad avere sbagliato bersaglio. Il centrodestra, afferma Ichino, ha

“clamorosamente archiviato, con le dichiarazioni dei ministri Tremonti e Sacconi, l’intero discorso di Marco Biagi sulla necessità di superare il dualismo del nostro mercato del lavoro, anche allineando la nostra disciplina dei licenziamenti per i nuovi rapporti di lavoro ai migliori modelli europei”.

L’importante è invocare come un mantra il nome di Biagi in ogni legge che incida sui rapporti di lavoro. Attività in cui Sacconi si distingue da sempre. La chiacchiera elevata a sistema.

Hanno fallito tutti, come al solito, come sempre. Il mercato del lavoro italiano resta odiosamente duale, mentre quotidianamente veniamo informati che una nuova, meravigliosa era sorgerà dopo l’ennesima elezione, quella dopo la quale si potranno fare tutte le riforme, “perché avremo tre anni senza elezioni”. Fino al prossimo alibi.

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