O almeno, quella parte della blogosfera che da sempre vive di copiaincolla, talvolta (ma non sempre) impreziositi da qualche calembour e (molto più spesso) da intemerate e invettive, al posto dell’analisi. Così sembra pensarla Nicola Borzi, membro del comitato di redazione de ilSole24Ore, che si è dimesso oggi. Nei giorni scorsi Borzi aveva aspramente criticato il nostro tuttologo multimediale di riferimento per un articolo sulla nomina del generale James Mattis a capo del CentCom, il comando centrale delle forze armate statunitensi a Tampa, Florida.
Nella lettera di dimissioni dal CdR, Borzi critica (stavolta con argomenti lievemente più robusti di quelli utilizzati contro Rocca giorni addietro) la crisi di identità di un giornale che avrebbe “perso per strada, negli ultimi tempi, un sesto della diffusione certificata dall’azienda”
Per Borzi, Il Sole sarebbe diventato un giornale in cui i fatti scompaiono, sostituiti dalle opinioni. E fin qui, nulla di inedito. Questa sembra essere la nuova costante del giornalismo italiano, e non da oggi. Ma nel mirino c’è soprattutto il “new journalism“, che poi sarebbe un certo blogging-style trasferito a furor di trend nel giornale di Confindustria, in un tripudio di iPad:
Sono certo – perché me l’hanno confermato personalmente anche poche ore fa – che i colleghi del Comitato di Redazione condividono se non la forma, di certo la sostanza di quanto io ho espresso in merito al problema dei contenuti e del “new journalism” che sta prendendo piede. Un “new journalism” che consiste nel prendere un articolo del Washington Post, tradurlo (senza citarlo), tagliare qualche riga dove si parla delle sanzioni subite da un generale per le opinioni espresse in modo troppo rude, prendere queste opinioni (da Wikiquote, senza citare la fonte) e poi firmare il tutto e sbatterlo non solo sul nostro sito, ma anche – dopo – sul quotidiano. Un lavoro che a casa mia, in altri tempi, si sarebbe potuto definire “farsi inviato con le piume altrui”.
Un’ottima notizia per i tanti piccoli tuttologi multimediali che affollano la blogosfera italiana, quindi: la ricetta pare quella vincente. Almeno agli occhi alcuni direttori ‘mmerigani. E riguardo le vendite, la nuova variabile indipendente dopo il salario negli anni Settanta (quando si è formata quella che oggi è la “classe dirigente” di un paese ammalorato, direttori di giornali inclusi), nessun timore: basta mettere tanti bei paywall al giornale-blog, e farsi pagare l’elevata qualità delle nostre notizie, come fanno quei fighetti del Financial Times, con i loro giornalisti ipespecializzati, che qui da noi potrebbero tranquillamente guidare una banca o un grande corporate. E sempre sia lodato RealClearPolitics, il nume tutelare di noi “inviati”. Perché noi siamo multimediali, mica pizza e fichi. Ma probabilmente è Borzi che è comunista, e con lui il mercato, che sta penalizzando una formula editoriale così cool.