Dopo la Libia ed il rialzo dei prezzi del greggio, la Banca centrale europea ed il rialzo dei rendimenti in euro. Ma per il momento i mercati rischiosi non intendono capitolare, ritenendo di avere supporto fondamentale.
Al momento, il maggiore sostegno ai mercati rischiosi resta l’elevato differenziale di cui gli stessi godono sugli investimenti a rischio basso, tipicamente liquidità e titoli di stato. Mentre secondo alcune rilevazioni gli investitori non sarebbero ancora, a livello globale, sovrainvestiti in azionario, le condizioni della regione Medio Oriente Nord Africa, pur essendo destinate a restare volatili, non sembrano al momento porre a rischio le forniture petrolifere.
In Europa, la Bce ha colto tutti di sorpresa segnalando un primo rialzo dei tassi ufficiali al suo prossimo meeting, in aprile. Il rischio è che la Bce sia costretta ad alzare i tassi per impedire il surriscaldamento di alcuni paesi ad essa centrali, nello stesso momento in cui si registra un peggioramento delle condizioni della periferia, alle prese con una stretta fiscale senza precedenti. Il tutto in attesa del Consiglio europeo del 23-24 marzo, che dovrebbe auspicabilmente giungere ad una soluzione definitiva della crisi. Per il momento la volatilità è attesa proseguire. Lo shock dei prezzi petroliferi in atto ha neutralizzato i maggiori rischi al rialzo per le previsioni di crescita, producendo le prime revisioni al ribasso per i maggiori paesi ed aree. Malgrado ciò, gli ultimi dati macro (indici dei direttori acquisti di imprese manifatturiere e disoccupazione statunitense) sono risultati migliori del consenso.
Nel reddito fisso, i titoli di stato hanno segnato pesanti flessioni, dopo che la Bce ha segnalato la propria intenzione di alzare i tassi già il mese prossimo. Le curve prezzano oggi un rialzo di 75 punti-base a fine anno. Lo spostamento della Bce verso posizioni più aggressive potrebbe rendere più facile, per molte banche centrali, soprattutto dell’Est Europa, procedere a rialzi dei tassi. La posizione più importante (per i riflessi sui paesi emergenti) resta però quella della Fed, che al momento appare ben lungi dall’iniziare un ciclo restrittivo.
Questa settimana gli spread dell’area euro hanno evidenziato un restringimento, tranne che per la Grecia. La stretta della Bce sarà un ulteriore ostacolo per i periferici, le cui prospettive immediate dipendono tuttavia da ciò che i leader dell’Ue decideranno in una serie di vertici previsti nelle prossime settimane, ed allo stato non si può neppure escludere che il consiglio europeo del 23-24 marzo si riveli non risolutivo.
Sul mercato azionario, i corsi sono rimasti nel complesso stabili, aiutati dalla stabilizzazione (pur se su livelli elevati) del greggio e da continue sorprese positive dai dati economici, alle quali il mercato si è abituato. Un’inversione di tendenza potrebbe avviare una fase di correzioni significative.
Sul mercato dei crediti, gli spread hanno stretto nel corso della settimana, sulla scorta di buoni dati economici e del rialzo dei rendimenti sui titoli di stato, che certificano la ripresa e suggeriscono uno spostamento tattico verso crediti di minore qualità , anche considerato che la situazione dei default resta benevola. I dati manifatturieri globali, che segnalano un’accelerazione nel processo di accumulo di scorte al servizio dell’accresciuta produzione, suggeriscono un posizionamento su emittenti ciclici rispetto ai difensivi.
Sul mercato dei cambi, la posizione apparentemente aggressiva della Bce contrasta con la posizione della Fed e con la laboriosità dei negoziati tra Obama ed i Repubblicani sul percorso di rientro dal deficit, spingendo al rialzo il cambio euro-dollaro. La prosecuzione di questo movimento, data l’entità di rialzo dei tassi euro già scontata dal mercato, dipenderà da eventuali ulteriori iniziative di allentamento monetario da parte della Fed (come un ipotetico QE3).
Le materie prime questa settimana hanno dato vita ad un robusto rally, con petrolio e derrate alimentari (queste ultime in rialzo dell’8 per cento nel periodo). La correlazione tra materie prime ed azionario è divenuta negativa per la prima volta da settembre 2008.