In un commento sul Wall Street Journal, l’economista Robert Barro si esercita nella ormai stucchevole ipotesi di un breakup dell’euro, con ritorno alle valute nazionali. Esercizio elegante ma sfortunatamente infarcito di ipotesi eroiche oltre che scarsamente credibile, per usare un eufemismo.
Secondo Barro la Germania dovrebbe quindi reintrodurre il marco, in un rapporto 1 a 1 con l’euro (tutte le valute nazionali dovrebbero partire da questo rapporto, evidentemente), ed in un periodo di transizione di due anni, garantire la conversione del proprio debito sovrano, oltre che dei contratti privati. Lo stesso farebbe l’Italia. Commenta ottimisticamente Barro:
«Se tutti i paesi dell’Eurozona seguissero questa condotta, la scomparsa dell’euro nel 2014 giungerebbe ad assomigliare alla scomparsa delle undici distinte valute, nel 2011»
Davvero? Ma non è fantastico, tutto ciò? Purtroppo (o per fortuna) Barro conserva ancora un po’ di lucidità, e dopo aver illuso il lettore passa ad elencare gli immancabili caveat:
«Un problema chiave della transizione è quello di evitare forti riduzioni nel valore dei titoli di debito pubblico italiano e di altri membri deboli dell’Eurozona»
Il problema vero in transizione, che Barro non evidenzia, non è tanto la credibilità di rimborso da parte dei governi indebitati quanto la violenta divergenza che si creerebbe sulle valute, e che non potrebbe ragionevolmente essere governata. Il solo annuncio dell’uscita causerebbe una immediata fuga di capitali dai paesi deboli a quelli forti. Gli investitori esteri in titoli di stato italiani venderebbero a mani basse, per evitare la pesantissima minusvalenza valutaria che ne deriverebbe. In questo modo avremmo la più classica delle profezie che si autoavverano e la cosiddetta credibilità dei governi, nel rimborso, sarebbe spazzata via ben prima di giungere ad un impulso di crescita causato dal deprezzamento della valuta. Se volete un ordine di grandezza del fallout, pensate che i francesi posseggono oltre 450 miliardi di euro in titoli di stato italiani.
Forse Barro crede che una Banca centrale europea in corso di dissoluzione interverrebbe a smorzare il violento aggiustamento valutario che si originerebbe? Auguri con questa illusione. E ancora, come è possibile pensare che la “deconvergenza” potrebbe essere governata con controlli sui movimenti di capitale? Per quanto tempo le banche dovrebbero restare chiuse, partendo da una valuta comune? Per settimane? Con il coprifuoco per circa ventidue ore al giorno, immaginiamo. La verità è che esiste una ovvia (ma non per tutti) asimmetria tra un processo di convergenza ad una moneta unica (che per definizione è virtuoso), ed una di dissoluzione della medesima, che è vizioso o più propriamente esiziale.
Come possa un importante economista come Barro non giungere a realizzare che nella sua exit strategy c’è una decisiva incoerenza temporale è cosa che ci sfugge, oltre a sconcertarci.