Così sembrerebbe, almeno secondo Greg Mankiw, che sul suo blog ricorda di aver calcolato in passato un modello per il livello-obiettivo del tasso sui Fed Funds (il tasso chiave della politica monetaria statunitense) e che oggi, secondo gli ultimi dati, quel livello, pur se ancora negativo, starebbe avvicinandosi alla soglia che non giustificherebbe oltre il mantenimento di una ZIRP (zero interest rate policy).
Non solo: secondo il giornalista che ha fatto girare il modello, una riduzione del tasso di disoccupazione dall’attuale 8,5 all’8,3 per cento sarebbe sufficiente per determinare un tasso positivo, cioè richiedere un aumento dei tassi. Ovviamente questa è una robusta forzatura, che interpreta in modo meccanico e “ragionieristico” i parametri del cosiddetto “modello di Mankiw” sul tasso dei Fed Funds. Non sorprende, in effetti, che questo check venga fatto da un giornalista. La circostanza è utile per richiamare alcuni concetti di base sull’utilizzo dei modelli economici ed econometrici, concetti che sono o dovrebbero essere del tutto chiari agli addetti ai lavori, ma lo sono assai meno ai non iniziati, che tendono a scambiare i parametri dei modelli come costanti immutabili di una legge fisica.
Un modello economico tende a leggere la realtà secondo una serie di ipotesi necessariamente semplificate. Nel corso del tempo, le relazioni economiche alla base degli assunti tendono a cambiare. Alcune volte in modo trascurabile, altre in modo drastico. Sono, questi ultimi, i cosiddetti “break strutturali”, quelli che possono modificare drasticamente la capacità previsiva di un modello, o richiederne la radicale riscrittura. Il tutto avendo presente che il quadro istituzionale e tecnologico in cui tali relazioni sono investigate può variare, anche drammaticamente.
Ad esempio, sembra (o dovrebbe essere) piuttosto intuitivo, anche senza disporre di approfondite conoscenze economiche, che i mercati tendano a penalizzare un paese che ha conti pubblici in disordine e cresce poco, essendo circondato da partner commerciali fiscalmente probi e in crescita. Assai meno probabile, per contro, è che un paese possa stare meglio adottando una forte stretta fiscale quando tutti o quasi, intorno a lui, fanno lo stesso. O ancora, che un conto sia valutare una manovra di stimolo in un contesto di tassi a zero ed in uno di tassi positivi. La banca centrale, se avesse spazio, potrebbe accomodare una stretta fiscale tagliando i tassi ed ecco che potremmo anche avere crescita. All’opposto, potremmo avere una banca centrale che non tollera espansioni fiscali ed immediatamente pigia sul freno monetario: ciò causerebbe valori estremamente bassi dei moltiplicatori fiscali, che a loro volta “autorizzerebbero” a dire che la politica fiscale è un dio keynesiano fallito. Il tutto senza ignorare quello che fanno i nostri partner esteri, soprattutto quelli più grandi. Se stanno crescendo, è verosimile che ci trascinerebbero con loro, anche in presenza di una nostra stretta fiscale.
E questo è il punto dirimente, che continua a sfuggire ai commentatori ma anche ai politici. Se gli esempi storici intorno a cui è realizzato un modello non includono anche casi di ciò che è accaduto in circostanze simili a quelle in cui ci troviamo oggi, è evidente che la sua valenza analitica e previsiva della situazione attuale risulterà fallata e fallace. Volete lo slogan? In un altro mondo forse una cosa chiamata “austerità espansiva” esisterebbe pure. In questo mondo, non esiste.
Morale della favola: è vero che tutto è politica e che viviamo tempi economicamente assai complessi, che mal si conciliano con le semplificazioni e gli slogan della politica e con il desiderio di trovare il proiettile d’argento che ci illuda di poter risolvere i problemi. Ma cerchiamo almeno di evitare di assumere i modelli economici come fossero legge di natura e non costrutti probabilistici realizzati a partire da un determinato dataset. Richiesta assai ingenua, lo sappiamo perfettamente.
P.S.: ma si avvicina o no, quindi, la fine della trappola della liquidità? Non lo sappiamo. Sappiamo però che si avvicina a grandi passi l’elezione del presidente degli Stati Uniti, e che molti modelli economici verranno rapidamente riportati alla luce dal loro pluriennale oblio. Buon divertimento.
