La Grande Ricostruzione delle banche italiane

Oggi il Banco Popolare ha annunciato una proposta di riacquisto di sette proprie emissioni obbligazionarie subordinate (Tier 1 e Tier 2), per un valore nominale di oltre quattro miliardi di euro. E’ così ufficialmente iniziata la fase che gli analisti definiscono di liability management (gestione delle passività) delle banche italiane, sotto lo sguardo benevolo di Mamma Bankitalia e con l’apporto fondamentale del mare di liquidità erogato dalla Banca centrale europea.

In sostanza, la banca offre ai possessori di questi subordinati, che quotano ben sotto la parità, di ricomprarsi l’emissione sempre sotto la pari ma con un premio rispetto al corso di mercato, inclusa la cedola corrente. In tempi “normali” una simile operazione avrebbe richiesto che la banca emettesse titoli almeno uguali a quelli da ritirare o ad essi sovraordinati. Ma questa disposizione è stata sospesa una decina di giorni addietro da Bankitalia. In tal modo la banca potrà contabilizzare una plusvalenza, perché ritira dal mercato proprie passività con uno sconto sul valore di rimborso. Gli analisti calcolano che l’operazione regalerà al Banco Popolare una plusvalenza di 500 milioni di euro dopo il pagamento delle imposte, che si traduce in un aumento del core Tier 1 di circa 55 punti-base.

Come dire che la banca si rafforza sul piano patrimoniale senza ricorrere ad un aumento di capitale. E secondo voi, da dove verranno le risorse per il buyback? Dai prestiti della Bce all’1 per cento, azzardiamo noi. In tal modo, dopo aver rinnovato le proprie emissioni obbligazionarie in scadenza nel 2012 grazie alla prima operazione di LTRO, quella del 21 dicembre, le banche italiane potranno ora, con la seconda operazione, prevista per il 29 febbraio, ottenere le risorse per ristrutturare il proprio passivo, abbatterne l’onerosità media e realizzare delle robuste plusvalenze che contribuiranno, in modo forse decisivo, a ricapitalizzare il sistema senza scomodare i gracili azionisti esistenti.

Di fatto, prosegue la messa in sicurezza del sistema bancario italiano, grazie alle risorse della Bce. Questa è anche la risposta alla pressione a ricapitalizzare che viene sia da Basilea III che – soprattutto – dagli stress test dell’Eba, che formalmente  non riguardano tutte le banche italiane ma sostanzialmente si, visto che il core Tier 1 di almeno il 9 per cento diventa il nuovo standard di riferimento del settore creditizio. Ora c’è solo da sperare che queste operazioni servano a frenare e, auspicabilmente, ad invertire il credit crunch in atto, conducendo ad un effetto calmieratore su costo e disponibilità di credito. Perché, se ora siamo in emergenza e la priorità è quella di “salvare” le banche, al termine di questa enorme ricostruzione della base di capitale creditizio sarebbe assai difficile giustificare il permanere di condizioni così proibitive nell’erogazione del credito. Sempre sperando che, nel frattempo, si esca dalla recessione, ovviamente.

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