Macromonitor – 8/4/2011

Una settimana conclusa con un deludente report sul mercato del lavoro statunitense spinge le azioni al ribasso ed i Treasury in rialzo. E’ in corso una correzione sugli attivi rischiosi?

Per valutare l’ampiezza di una eventuale correzione occorre formulare delle ipotesi sulla portata delle posizioni di sovrappeso di attivi rischiosi (e segnatamente di azionario) da parte degli investitori, oltre che sull’eventuale deterioramento dei fondamentali di mercato e della consistenza del premio al rischio. Riguardo il posizionamento, le evidenze disponibili indicano che, riguardo i futures, gli operatori classificati come speculatori (cioè quelli che non devono coprire posizioni sottostanti) sono in prossimità dei massimi visti prima di precedenti correzioni dei mercati azionari. Tuttavia, i dati sul posizionamento di investitori di medio-lungo termine indicano solo modeste posizioni lunghe di azionario, molte delle quali inoltre dovrebbero essersi formate recentemente, e non aver quindi partecipato al grosso del rialzo. Riguardo il premio al rischio, gli spread di credito nelle ultime settimane si sono ristretti vistosamente, ma solo nel caso delle obbligazioni high yield si può parlare di riallineamento alle medie storiche, anche se rispetto all’attuale fase del ciclo gli spread restano ancora piuttosto ampi. Riguardo i premi al rischio per il mercato azionario, rappresentati dal differenziale tra l’inverso del rapporto prezzo-utile ed i rendimenti dei titoli governativi, essi restano ancora molto lontani dalle medie storiche. Riguardo le componenti fondamentali, invece, sappiamo che il rally è stato innescato dal calo della volatilità di mercato e dalla riduzione dei rischi di deterioramento dell’economia (che tuttavia continua a crescere poco, fuori dall’Europa, dove invece è invece in atto una recessione che potrebbe rivelarsi più profonda delle attese), il tutto sostenuto da liquidità eccezionalmente abbondante.

Dopo il dato sul mercato del lavoro statunitense, quindi, ci si chiede se esso segni l’inizio di un punto di svolta negativa sulla congiuntura, o se si è trattato solo di un singolo episodio. In attesa della verifica dei mesi prossimi, si può constatare che altri dati macroeconomici statunitensi non sembrano dare segni di flessione, segnatamente i sussidi settimanali di disoccupazione, ma anche la componente relativa all’occupazione degli indici ISM, che segnalano invece una discreta forza. Peraltro, i paesi asiatici emergenti (Cina esclusa) mostrano ancora forza congiunturale. Più problematica la lettura dei dati australiani, che mostrano a febbraio il secondo mese consecutivo di deficit commerciale, causato da contrazione delle esportazioni. E’ tuttavia probabile che questi dati siano ancora condizionati dal nuovo Anno Lunare cinese, e quindi serviranno ulteriori riscontri prima di trarre indicazioni sull’evoluzione della congiuntura cinese.

Sul mercato del reddito fisso, rendimenti in calo per Treasury e Bund, che riassorbono così il rialzo della scorsa settimana, sul quale in molti si erano esercitati leggendolo quale prodromo di una fase ribassista del mercato obbligazionario (e quindi di rendimenti in rialzo). E’ probabile che per il momento l’obbligazionario statunitense resterà in un corridoio di oscillazione su livelli assoluti ancora storicamente molto bassi.

Sul mercato azionario, dopo rialzi in doppia cifra nel primo trimestre, siamo ancora nella condizione di una fisiologica correzione, mentre le forze a sostegno del mercato appaiono al momento ancora in essere. La prossima settimana inizia la reporting season statunitense del primo trimestre di quest’anno, dopo che l’ultimo ha evidenziato il primo calo trimestrale negli utili per azione dell’indice S&P 500 dal quarto trimestre 2008, dopo la crisi di Lehman. Il calo dell’ultimo trimestre dello scorso anno è stato causato dal rallentamento del passo della crescita globale (il più debole dal primo trimestre 2009), da una forte ascesa dei prezzi delle materie prime nel periodo e da un apprezzamento del dollaro, che ha compresso il valore degli utili generati all’estero. Pur non essendo scomparsi, questi elementi sono stati meno acuti nel corso del primo trimestre di quest’anno e il dollaro, ponderato per i flussi commerciali, ha addirittura segnato un lieve deprezzamento. Il consenso di mercato ipotizza tuttavia anche per il secondo trimestre una flessione degli utili per azione. Ciò, unito alla tendenza alla stabilizzazione dei margini di profitto, rimuove comunque un importante elemento a sostegno del mercato azionario.

Sul mercato dei cambi, il dollaro termina una settimana di forza ma resta comunque entro un corridoio di oscillazione piuttosto stretto. Resta da verificare se il crescente stress sovrano della Spagna ed il rischio politico della Francia, all’approssimarsi delle elezioni presidenziali, determineranno un cedimento della moneta unica europea.

In settimana, le materie prime sono rimaste complessivamente invariate, ma con i metalli preziosi in arretramento: l’oro di circa il 2,5 per cento, dopo che le minute della Fed hanno ulteriormente allontanato la probabilità di un terzo episodio di allentamento quantitativo. L’oro è stato anche negativamente condizionato da nuove tariffe doganali in India, che hanno frenato la domanda al dettaglio del secondo più grande mercato mondiale per domanda di oro. Nel corso dell’ultimo mese le banche centrali dei paesi emergenti hanno continuato gli acquisti di oro, confermandosi fonte ormai strutturale di domanda. Le posizioni speculative lunghe in futures sull’oro sono nel frattempo diminuite.

Nell’ultimo mese, il petrolio è stato lievemente più debole ma le benzine hanno continuato la propria ascesa. Ciò è dovuto alla recente chiusura di alcune raffinerie, in aggiunta alla manutenzione stagionale. Ciò ha determinato la risalita dei margini di raffinazione sulla benzina (crack spread), ed ha determinato condizioni di mercato piuttosto strette.

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