Grecia, black out fiscale

Come segnala il prezioso FT Alphaville, il gestore elettrico greco Public Power Corporation si è sfilato (con il tacito consenso del ministero delle Finanze) dall’attività di esattore della patrimoniale immobiliare decisa tempo addietro dal governo di Atene, nel quadro delle manovre di consolidamento fiscale, e che doveva fornire un gettito in un intorno di 2 miliardi di euro.

L’esazione a mezzo di bolletta della luce pareva l’uovo di Colombo, quando fu decisa, in un paese tristemente celebre per il grado di inefficienza e corruzione delle strutture preposte alla raccolta dei tributi. Ma le cose sono andate diversamente dal previsto. Una campagna di “disobbedienza civile”, supportata da pronunce giudiziarie che hanno escluso la possibilità di attuare distacchi per il mancato pagamento del tributo assieme al consumo effettivo di elettricità hanno fatto naufragare il piano.

Chi pensa che questo sia l’immancabile esito di una popolazione da sempre neghittosa all’obbligo fiscale e che quindi si merita il default non una ma più volte consideri anche che, nel primo trimestre di quest’anno, il gestore elettrico greco ha raccolto bollette impagate per un miliardo di euro: questo dovrebbe forse fornire una migliore comprensione del disastro (sociale prima che economico) del paese. Le tasse si pagano quando c’è reddito disponibile per farlo. E quando si distrugge il Pil di un paese per “risanarlo”, è difficile pensare che la compliance fiscale possa impennarsi.

Ma questo “piccolo” episodio servirà soprattutto per alimentare la polarizzazione tra colpevolisti ed innocentisti sulla Grecia, soprattutto nel paese che più le somiglia, e che rischia di seguirne la traiettoria. Chiacchierate, chiacchierate, assai poco resterà.

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