Ormai consueto appuntamento mensile con i dati sulla evoluzione di aggregati monetari e creditizi. Partiamo dal generale: la Bce comunica che ad aprile la massa monetaria M3 in Eurozona ha frenato ad un tasso di crescita annua del 2,5 per cento, da 3,1 per cento di marzo. Quindi l’offerta di moneta non riesce a decollare, e questo già lo sapevamo.
Tra le controparti creditizie di M3, si conferma l’andamento marcatamente divergente tra settore pubblico e privato: se a livello di credito complessivo a residenti in Eurozona il tasso annuale di crescita flette dall’1,8 all’1,4 per cento, quello erogato al settore pubblico cresce ancora, dal 7,5 al 7,7 per cento, ma quello al settore privato passa da uno striminzito 0,5 per cento di marzo allo zero di aprile. Nel credito erogato al settore pubblico c’è anche la sottoscrizione in asta, da parte delle banche, dei titoli di stato. Quindi la tendenza, a livello aggregato, si conferma/confermava: niente credito al settore privato, e trascinamento di acquisti di titoli pubblici in emissione.
Se poi guardiamo al dato italiano, pubblicato oggi da Banca d’Italia, vediamo innanzitutto che c’è un marcato peggioramento dell’andamento dell’offerta di moneta, con M1 che passa da meno 3,84 a meno 5,45 per cento, e con M3 che passa da più 1,09 a più 0,28 per cento. A livello di crediti delle istituzioni monetarie e finanziarie verso le amministrazioni pubbliche dell’Eurozona, si scopre che in aprile le banche italiane hanno smesso di comprare titoli di stato, il cui stock passa infatti da 479 a 480,5 miliardi. Quindi, l’effetto di trascinamento delle due aste triennali della Bce è terminato.
Le banche italiane non hanno ovviamente destinato ad acquisto di titoli di stato tutta la liquidità ottenuta dalla Bce, ma il fatto che abbiano smesso di comprare può voler dire che il rischio banco-sovrano è ormai inaccettabile, e che quindi comprare titoli di stato italiani, da parte di banche italiane, presenta un ormai proibitivo rischio di stigma; oppure, che le banche italiane stanno perdendo liquidità sui depositi, e di conseguenza debbono tenere e trattenere tutta la liquidità residua ottenuta dalla Bce per tamponare questi deflussi.
In entrambe le ipotesi, abbiamo una buona ed una cattiva notizia. Quella buona è che dovremmo smettere di sentire le Mussolini, gli Storace, i Di Pietro ed innumerevoli altri figuranti da teatrino ragliare alla “speculazione delle banche italiane, che prendono a prestito dalla Bce aggratis e si comprano Btp con rendimento elevato, vergogna-signora-mia”. Anzi, tirando le somme, quella “speculazione” alle banche italiane sta costando molto, visto che hanno in pancia titoli di stato su cui hanno già accumulato forti minusvalenze. La cattiva notizia, invece, è che il credit crunch prosegue e si aggrava, anche a causa di probabili pressioni sulla base dei depositi, anche per il nostro paese. E, ovviamente, che collocare titoli di stato sta diventando sempre più complicato.