Oggi, con gli spread italiano e spagnolo in ulteriore, vistosa ascesa si segnala la pessima performance della borsa italiana in cui, come è più o meno noto, le banche hanno una elevata incidenza sull’indice. La dinamica è semplice: recessione in approfondimento con rischio di aumento di dissesti aziendali che si trasformano quindi in sofferenze, investitori internazionali che si liberano dei titoli di stato per evidente timore che l’assenza di crescita finisca col mandare a gambe all’aria le prospettive di consolidamento fiscale del paese, minusvalenze potenziali che mettono pressione sulla base di capitale delle banche, la cui rischiosità (ed effettiva) percepita aumenta. E le vendite sull’azionario grandinano.
Una bella emicrania per i sottoscrittori di recenti ricapitalizzazioni e per i “patrioti di campanile” che hanno rilevato quote da fondazioni controllanti a prezzi che sono ormai di oltre il 20 per cento superiori ai corsi di borsa correnti. Dove non erano arrivati i gruppi di controllo a distruggere valore, sta ora pensando il nuovo inaridimento dei mercati.
Attendiamo i dati di marzo sulle consistenze di titoli di stato detenuti dal sistema creditizio italiano ricordando che, dai minimi segnati a novembre a febbraio, anche per il contributo determinante della prima asta LTRO, lo stock era cresciuto di circa il 18 per cento, come riflesso “conservativo” delle azioni di rientro dagli impieghi, anche per assorbire meno capitale di vigilanza. Il problema è che, se la congiuntura migliorerà, l’azione si sarà dimostrata effettivamente protettiva, ma in caso di peggioramento il rischio è quello di ripetere la discesa agli inferi dello scorso autunno.
Con buona pace dell’ineffabile Paolo Ferrero, che nel giorno di Pasquetta ha letto un dato, lo ha estrapolato e ci ha fatto sopra una delle sue abituali sceneggiature:
«Le banche dell’Eurozona hanno incassato una plusvalenza del 13% sui titoli di Stato italiani nel periodo tra l’annuncio del primo maxi-prestito della Bce l’8 dicembre scorso e la fine del primo trimestre dell’anno, secondo quanto scrive Bloomberg. Questa situazione odiosa ci dice una cosa sola: le banche sono dei ladri che speculano sul debito pubblico e i governi, a partire da Monti, sono le ‘talpe’ che favoriscono gli speculatori e usano il ricatto dello spread per togliere i diritti ai lavoratori. Siamo davanti ad una truffa bella e buona organizzata dai governanti e dai poteri finanziari sulle spalle del popolo italiano»
Sarebbe bastato prendere un indice dei Btp per scoprire che, nell’ultimo anno, il ritorno sull’investimento in titoli di stato italiani è stato di circa il 2 per cento, frutto della media tra il mini-crack del periodo fino al mese di novembre e del rally successivo all’azione della Bce. A beneficio di Ferrero e di molti altri come lui, che fanno cherry picking sui dati per buttarla in caciara possiamo dire che, nell’ultimo mese, il ritorno complessivo del Btp decennale è stato negativo per circa il 4 per cento, mentre quello dei Btp ultradecennali ha perso quasi il 5 per cento. Lo studente Ferrero realizzi un componimento in cui valuta questi ultimi dati, alla luce del suo innato cospirazionismo. In fondo, anche sulle discese non dovrebbe essere difficile: basta sostenere che tutto dipende dall’annacquamento della riforma dell’articolo 18. E’ bello vivere una vita piena di certezze.
Per tutti gli altri: no, le banche italiane non stanno per nulla bene. Così come il paese, del resto.