Mercati azionari in lieve rialzo in settimana e obbligazioni in flessione dopo che Mario Draghi “suggerisce” la possibilità che la Bce intervenga con nuovi acquisti di titoli. Forte attesa per i meeting di Fed e Bce, la prossima settimana. Scenario centrale globale resta quello di bassa crescita economica e degli utili, ma non esplicitamente recessivo.
La posizione fiscale dei maggiori paesi sviluppati resta improntata ad una moderata stretta, pari in media all’1 per cento del Pil in Eurozona, Stati Uniti e Regno Unito, ed al momento non pare esservi disponibilità a modifiche, anche se il Fondo Monetario Internazionale ha invitato il Regno Unito, alle prese con una recessione persistente, a prendere in considerazione l’ipotesi di rivedere la tempistica del proprio programma di consolidamento fiscale, anche in considerazione del fatto che la Bank of England è già impegnata in operazioni di easing quantitativo sempre più rilevanti. Dalla Fed ci si aspetta, forse già da settembre, l’avvio del terzo episodio di allentamento monetario non convenzionale, ma vi è anche crescente timore e scetticismo che i margini di miglioramento incrementale di tali misure siano ormai piuttosto limitati.
Gli europei, per contro, dispongono di margini di manovra maggiori per contrastare la recessione e la crisi di debito sovrano, non foss’altro perché sono state le misure fiscali da essi adottate, oltre all’inazione monetaria, ad aver causato l’avvitamento della crisi. Restano tuttavia profonde divisioni tra paesi sul corso d’azione. L’attesa è per l’annuncio della Bce, giovedì prossimo, che potrebbe essere quello della ripresa degli acquisti di titoli di stato sul mercato secondario. Ma se ciò non avverrà con “forza schiacciante”, limitandosi invece a riprodurre i timidi acquisti dei mesi scorsi, gli investitori coglieranno l’occasione per liberarsi delle proprie posizioni in titoli dei paesi più deboli. I paesi emergenti, per contro, e come detto più volte, dispongono di munizioni sufficienti, fiscali e monetarie, ma non della massa critica per trainare i paesi sviluppati fuori dalla palude recessiva in cui si trovano. Nella migliore delle ipotesi possono comunque stimolare se stessi.
La debolezza della ripresa deriva, come ormai noto, dal fatto che ci troviamo in una crisi finanziaria, in cui i soggetti economici, pubblici e privati, sono impegnati a ridurre il proprio indebitamento, mentre la politica monetaria si trova ormai al “tasso zero”. A livello di attività sui mercati finanziari, si nota la persistenza di condizioni di bassi volumi scambiati, in un quadro in cui le correlazioni tra attivi rischiosi sono e restano storicamente molto elevate, riducendo drasticamente i vantaggi della diversificazione e disincentivando quindi operazioni di investimento attive. Malgrado l’elevata incertezza, tuttavia, la volatilità resta molto contenuta, e questo è uno degli “enigmi” dell’attuale fase dei mercati, anche se in ambito obbligazionario la volatilità tende a restare bassa soprattutto a causa della prossimità dei tassi ufficiali a zero, almeno in paesi che non sono in condizioni di stress creditizio e crisi di debito sovrano. Le condizioni di elevata incertezza macroeconomica contribuiscono inoltre a mantenere elevati gli spread delle obbligazioni societarie, ben oltre quanto ci si attenderebbe in questa fase del ciclo economico, analogamente ai premi al rischio per l’investimento azionario.
Sul mercato del reddito fisso, i commenti di Mario Draghi hanno scatenato un movimento di ricoperture sulla periferia, oltre ad una altrettanto violenta inversione nella tendenza dei rendimenti dei paesi “sicuri”, come quelli tedeschi. Dopo gli esiti apparentemente “rivoluzionari” del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno, si è assistito ad un lento ritorno ai circoli viziosi che abbiamo purtroppo imparato a conoscere.
Sul mercato azionario, dopo i recuperi di giugno guidati da ricoperture parziali, gli indici globali appaiono pressoché invariati in luglio. Le prospettive di un QE3 negli Stati Uniti, forse già a settembre, tendono a sostenere il mercato.
Sul mercato delle obbligazioni societarie, la minaccia di tassi negativi sui depositi in Europa e le ipotesi di nuovi interventi di espansione non convenzionale da parte della Fed hanno ulteriormente accentuato la fame di rendimenti, spingendo ad acquisti di obbligazioni societarie a ridotta vita residua ed elevata qualità.
In settimana, materie prime in calo del 2 per cento, espresso in dollari, su debolezza di energia ed agricoltura che restituiscono parte della recente forza. L’eccezione è la forza del gas naturale, in rialzo di circa l’1 per cento in settimana e del 10 per cento nel corso del mese, grazie a maggiori consumi indotti dalle temperature molto elevate negli Stati Uniti. Data l’abbondanza di offerta che mantiene bassi i prezzi (grazie alle nuove tecnologie), uno spostamento di domanda da carbone a gas è oggi altamente probabile. Analogamente, è probabile un aumento di esportazioni di gas liquefatto dagli Stati Uniti, soprattutto verso l’Asia. I prezzi agricoli sono scesi in settimana, dopo un’ascesa vistosa che durava da metà giugno, per effetto di temperature lievemente inferiori e della comparsa di precipitazioni nelle aree coltivate a mais. Ciò non appare comunque destinato a migliorare la resa dei raccolti, che resta al momento prevista come la peggiore dal 1988. Anche le stime sulla produzione di grano in Russia sono in peggioramento, mentre una stagione dei monsoni molto più debole del normale sta danneggiando le coltivazioni di riso, zucchero e cotone in India. Data l’elevata incidenza dei prezzi degli alimentari negli indici di prezzo, vi sono rischi di pressioni inflazionistiche nei paesi emergenti.