A giudicare dai commenti letti sui social network c’è soprattutto un punto, dell’intervista di oggi di Pierluigi Bersani al Sole, che suscita scandalo. Eppure, aguzzando lo sguardo e resistendo ai riflessi pavloviani, si scoprirebbe che l’idea di Bersani è ispirata ad uno dei capisaldi del “modello tedesco”. Che poi la declinazione di tale modello riesca dalle nostre parti, è tutt’altro discorso.
Bersani si focalizza sull’esigenza di dare una “politica industriale” al paese, come via d’uscita dalla crisi. Come ben sa chi ci legge, a noi questa espressione tende a provocare l’orticaria per il potenziale di dirigismo che essa sottende, oltre che per antica memoria di disastri da pianificazione. Ancora una volta, giunti a questo punto della nostra crisi esistenziale, torna alla ribalta la Cassa Depositi e Prestiti.
È giusto usare anche la Cdp per fare politica industriale? E con che ambiti?
«Credo sia utile come riferimento nelle società delle reti e va bene il volano per le infrastrutture. Ma io sarei più ambizioso nel riconsiderare questo fondo strategico che non si capisce bene cosa faccia. Noi abbiamo un sistema di medie imprese, quelle che innovano, investono, si internazionalizzano, che adesso sono piene di impegni con le banche. Allora io dico: con partecipazioni minoritarie, in modo selettivo, è inimmaginabile un fondo misto di partecipazione dove transitoriamente Cdp, le banche trasformando temporaneamente i loro crediti, siano impegnati in operazioni non di salvataggio, ma di supporto?»
Enorme sdegno e scandalo tra gli abitanti dell’agorà elettronica, dove fioriscono rigogliose ambizioni politiche che la realtà si incarica di stroncare alla prima occasione utile, e dove in molti si sentono un ibrido tra editorialisti e uomini del Destino, se non proprio della Provvidenza. Eppure, basterebbe andare a controllare gli ambiti di intervento della cugina tedesca della Cassa Depositi e Prestiti, la Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW, vedi anche qui), per scoprire che la partecipazione pubblica al capitale delle piccole e medie imprese è già realtà, in Germania, secondo modalità molto innovative, incluso l’affiancamento/finanziamento al private equity ed ai business angels, per imprese in startup ma non solo, perché KfW dispone di una divisione PMI, la Mittelstandsbank, che eroga non solo prestiti ma anche capitale azionario e mezzanine financing.
Come commentare, quindi? Che il “modello tedesco” prevede un sostegno attivo del pubblico al settore privato, ma questo non lo scopriamo oggi. Se questa sinergia funziona egregiamente, occorre chiedersi perché da noi non sia possibile fare lo stesso. Domanda retorica e probabilmente molto naïf, ma la cui risposta ci servirebbe per comprendere cosa ci differenzia realmente dai tedeschi. Se tendete a rispondere con un “semplice, gli italiani sono essenzialmente un popolo di ladri, che eleggono altri ladri a propri rappresentanti”, fate benissimo ad esecrare l’idea di Bersani e a dargli di comunista riverniciato. Ma se credete che gli italiani siano effettivamente un popolo di ladri, malati di anarchismo individualistico e di una inquietante tendenza a fare i liberisti ed i sostenitori della sussidiarietà con le tasse degli altri, oltre a svendere asset pubblici agli amici degli amici, non aspettatevi che il paese si liberi tanto presto dello spread, anche nell’improbabile ipotesi che il medesimo venga spazzato da un’ondata di cosiddetto liberismo.