L’Europa delle ossessioni

Oggi i mercati sono un po’ più deboli, frutto di una più generale avversione al rischio che si è materializzata da qualche giorno, dopo i rally degli spread dei giorni scorsi. Ogni movimento violento dei  mercati porta con sé dei contro-movimenti di consolidamento, di solito tali da non intaccare la tendenza primaria, che per l’Eurozona al momento resta la riduzione degli spread periferici, grazie al combinato disposto della potenziale azione della Bce e della volontà tedesca di non premere troppo sull’acceleratore. Ma questo è un equilibrio palesemente instabile.

La Spagna resta un paese impegnato a percorrere una traiettoria greca: oggi è stato pubblicato il dato di settembre delle vendite al dettaglio, che segna un drammatico calo tendenziale del 10,2 per cento, frutto in larga misura dell’anticipazione di acquisti prima dell’aumento Iva, scattato il primo settembre. Il Portogallo va talmente bene che presto necessiterà di nuovi aiuti; la Grecia sta negoziando con la Troika (rectius, con i tedeschi) un altro paio d’anni per il consolidamento fiscale, ma è ormai chiaro a tutti quelli che non sono ottusi o in malafede che senza un abbattimento di valore del debito pubblico il paese non andrà da nessuna parte. Da questa tornata negoziale uscirà probabilmente la concessione di una dilazione centrata solo sul costo del debito di bailout, magari in cambio di conti di salvataggio segregati e sistema fiscale greco appaltato alla Ue, con ispettori tedeschi a cercare evasori fiscali greci.

L’Italia è alle prese con le ultime esternazioni di Berlusconi e con gli spasmi di un sistema politico e sociale in avanzato stato di decomposizione. Pare che gli italiani dovranno diventare rapidamente adulti, e prendere atto che non esistono vie d’uscita indolori o magiche, malgrado l’ennesimo tentativo del caudillo agonizzante di Arcore di convincerli del contrario. E’ appena il caso di ricordare che l’uscita dall’euro continua a non essere una soluzione, a meno che non venga realizzata attraverso un processo deliberato ed assistito (dalla Bce) di dissoluzione dell’Eurozona (e neppure in quel caso, a dirla tutta), cosa che al momento non è all’ordine del giorno.

I gradi di libertà di cui dispongono i governi dell’Eurozona (tutti i governi) sono prossimi a zero, in caso si continuasse a non afferrare il concetto. Il processo di uscita dalla crisi continuerà per approssimazioni successive. Mario Draghi continua a cercare di convincere gli ossessionati tedeschi (anche con riferimenti alla propria vita privata) che l’inflazione non è un problema, e che semmai lo è la deflazione. Sotto traccia, in caso di nuovi rischi di crolli, resta un’azione di easing quantitativo vero ed “all’americana”, cioè non sterilizzato. Ma per arrivarci dovremo camminare sopra nuove macerie.

Visto dall’alto della crisi, il nostro paese appare un misero formicaio (o verminaio, più propriamente) che brulica di un desolante attivismo parolaio, e di nuovismi ruminati ed impotenti, ma non è che gli altri paesi siano messi realmente meglio. Si procede a piccoli passi, sprecando anni su anni mentre il resto del mondo, bene o male, va avanti. A ben vedere, la maschera tragica e grottesca di Berlusconi potrebbe diventare il simbolo del fallimento di un intero continente: distacco dalla realtà ed ossessioni ricorrenti.

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