Dopo solo un anno, i legislatori danesi cancellano la Fat Tax sui grassi saturi, con la motivazione che il balzello sarebbe dannoso ad aziende e potere d’acquisto dei consumatori. Al contempo, il ministro delle Finanze ha annunciato la volontà di cancellare anche i piani per introdurre la Sugar Tax. La fat tax danese era congegnata in modo macchinoso e disfunzionale, come avevamo segnalato tempo addietro, basata com’era sul principio nutritivo, a tutti gli alimenti contenenti più del 2,3 per cento di grassi.
Il risultato, del tutto prevedibile, è stato che i danesi andavano a comprare burro e gelati (spesso prodotti in Danimarca) in Germania e Svezia, per risparmiare. Qualcosa da spiegare ai nostri vendicatori fiscali alle vongole, convinti che capitali e consumatori attendano a piè fermo di ricevere la piattonata sui denti e ringraziare. Anche così, comunque, la fat tax ha prodotto un gettito equivalente a oltre 200 milioni di dollari, che ora saranno sostituiti da “un piccolo aumento delle imposte sul reddito” e dalla eliminazione di deduzioni e detrazioni. Vi ricorda nulla, quest’ultima misura? E’ il nuovo trend del fisco in giro per il mondo, Stati Uniti compresi. Assediati dal debito, assediati dal fisco.