Ripreso da Alphaville, Standard&Poor’s spiega la vera motivazione della eroica resistenza del governo cipriota contro i bruti dell’Eurozona. Quella che fa fremere tutti voi, libertari, paladini del risparmio e acerrimi avversari delle banche, che alluvionate di sdegno editoriali, articolesse, blog e social network a difesa del piccolo paese che volle farsi una piccola City nel Mediterraneo. Perché la colpa è dell’Eurozona, diciamocelo. O no?
Scrivono dunque gli analisti di S&P:
«Più di ogni altra cosa, ciò che sembra guidare i livelli dei depositi dei non residenti a Cipro è il prezzo del petrolio; quando i prezzi del petrolio sono alti, i livelli dei depositi di non residenti nel sistema bancario cipriota aumentano. Questo legame si verifica attraverso società-scatola [shell companies, società la cui unica funzione è intermediare flussi finanziari, ndPh.] basate entro la Comunità degli Stati Indipendenti [la ex Unione Sovietica, ndPh.], che depositano (a Cipro) i saldi di transazioni originate dalle proprie sussidiarie attive in export di petrolio, minerali e metalli, che spesso implicano strategie di minimizzazione dell’impatto fiscale a mezzo di prezzi di trasferimento ed altro. La banca centrale russa classifica Cipro come la più grande fonte singola di investimento diretto estero (FDI) nella Federazione Russa, con un totale di 41,7 miliardi di dollari di investimento diretto cumulativo nel settore non finanziario russo tra il 2007 ed il 2010 (oltre 2,7 volte i livelli tedeschi). Cipro è anche contata tra i maggiori investitori diretti esteri in parecchi paesi dell’Asia Centrale (probabilmente capitali russi reinvestiti via Cipro, un processo informalmente noto come round-tripping [letteralmente, “andata e ritorno”, ndPh.]
Un piccolo, indifeso paese che è tra i maggiori investitori diretti nei paesi della ex Unione Sovietica. Poderoso, no? E quindi, diciamolo tutti in coro: giù le mani dal valoroso sistema finanziario cipriota, brutti tedeschi che non siete altro! Per chi fosse interessato alle tecnicalità oltre che agli slogan, questo è un eccellente pezzo divulgativo sui meccanismi di tax planning (essenzialmente eliminazione della doppia imposizione sui dividendi ed esenzione d’imposta sui capital gain) che permettono alle società dell’ex Urss di fare dei sontuosi utili. Se qualcuno tra voi pensa che analoghi meccanismi vengano già adottati in Irlanda e quindi non sia giusto usare due pesi e due misure, beh, potreste avere qualche ragione, in effetti. Ma solo a patto di capire chi deve pagare il conto dei malinvestment e tenersi i cocci.
Per quelli tra voi a cui avanza del tempo, giusto per non trovarsi a leggere delle fesserie come questa, segnaliamo una lettura decisamente controcorrente, quella di Marco Annunziata, già economista di Unicredit, ed oggi capoeconomista di Global Market Insight, gruppo General Electric, che ritiene che la condivisione dell’onere da parte dei depositanti ciprioti oltre 100.000 euro (perché quelli al di sotto devono essere coperti da intangibile assicurazione pubblica) abbia molto senso, anche considerando che “Cipro è un piccolo paese con uno sproporzionato sistema bancario, creato per mezzo di una regolazione lasca”. Parole sante: citofonare al governo di Nicosia, però. Altrimenti, come farebbe la piccola Cipro a restare quel poderoso investitore diretto che è?
E siate pure filantropi: se pagassimo a Cipro tutti i 17 miliardi necessari a permettere alle banche dell’isola di continuare ad essere così poderose, il rapporto debito-Pil del paese schizzerebbe rapidamente verso il 150 per cento, il che significa che una ristrutturazione per cancellazione del debito diverrebbe pressoché certa. E con essa cancelleremmo anche i nostri crediti, ma noi siamo generosi: ogni volta che le organizzazioni umanitarie avviavano qualche campagna di condono del debito dei paesi del Terzo Mondo il nostro cuore grondava solidarietà, del resto. Non aspettate Natale per sentirvi più buoni: il tempo di agire è ora. Fate presto. En attendant Gazprom.