Macromonitor – 16/6/2013

Mercati ancora molto volatili in settimana, sia pure con movimenti differenziati, che confermano la riduzione ed eliminazione di posizioni tattiche che si erano affollate negli scorsi mesi.

La durata residua di tale movimento dipenderà da fattori quali il numero di posizioni che devono essere ridotte ed il rischio che tali movimenti producano contagio. Se sui mercati sviluppati e liquidi il movimento appare in via di affievolimento, su quelli emergenti, in particolare sulle valute, restano forti turbolenze. Anche sui mercati meno liquidi, come i crediti, persistono situazioni difficili.

Tra i veicoli di contagio la leva finanziaria, cioè l’indebitamento di banche ed hedge fund per finanziare posizioni, resta nel sistema ma appare più contenuta che in precedenti cicli di mercato. L’altro veicolo di contagio, le operazioni di copertura incrociata, in cui cioè si vendono degli asset mantenendone altri in posizione, sono presenti e potrebbero causare disfunzioni ai mercati nella misura in cui diviene difficile vendere attivi che si vuol coprire, a causa di illiquidità, e si è quindi costretti a vendere attivi liquidi correlati in qualche modo all’operazione. Vi è poi anche un contagio di natura fondamentale, più legato alle valute, nei casi in cui una banca centrale (di solito emergente) è costretta a rialzare i tassi per contrastare il forte e rapido deprezzamento del cambio, e ciò causa ribassi anche sul mercato azionario.

Tutti gli occhi sono ora sul meeting della Fed della prossima settimana, in cui è probabile che Ben Bernanke tenterà di allontanare ogni riferimento al timing di riduzione degli acquisti legati al QE3, enfatizzandone la subordinazione ai dati macroeconomici, probabilmente rivedendo al ribasso la previsione centrale di crescita ed inflazione per l’economia statunitense. Verosimile che Bernanke voglia accertarsi di non essere frainteso sulle tempistiche di uscita dal QE3, pur non mirando esplicitamente a contenere la volatilità dei mercati.

Operativamente, la situazione dei mercati, tecnica e fondamentale, continua a suggerire di privilegiare i mercati azionari su quelli obbligazionari e restare sottopesati sui mercati emergenti, che restano più esposti a rischi di contagio, visto che gli investitori di paesi sviluppati, nelle fasi di alta volatilità, tendono a spostare i propri investimenti dai paesi emergenti ai propri mercati domestici. Vi sono tuttavia anche motivazioni di medio termine a supporto della cautela verso i mercati emergenti, quali il momentum negativo delle aspettative di crescita, in parte guidato dal restringimento dei margini di profitto dei corporate emergenti, che spinge gli investitori dei paesi sviluppati a portarsi verso posizioni neutrali nell’investimento in emergenti.

Sul mercato dei titoli di stato, prezzi in lieve rialzo per i mercati core (Germania, Stati Uniti), con i rendimenti tornati all’incirca dove si trovavano a fine maggio, in attesa di Bernanke la prossima settimana ma con maggiore compostezza. In settimana sono continuati deflussi dai fondi obbligazionari emergenti e da altri comparti di mercato ad alto rendimento. L’inflazione attesa, implicita nei titoli indicizzati ai prezzi al consumo, si è ulteriormente ridimensionata, mentre i rendimenti reali dei TIPS statunitensi in settimana sono entrati in territorio positivo, per la prima volta dal 2011. Al momento i mercati esprimono quindi una mentalità disinflazionistica, che andrà opportunamente monitorata per le conseguenze operative che tende ad implicare.

Sui mercati azionari, ribassi per la quarta settimana consecutiva portano il calo da fine maggio a circa il 5 per cento sugli indici globali come il MSCI World Index. Emergono tuttavia ampie e crescenti divergenze nell’andamento regionale delle quotazioni, con gli Stati Uniti migliore mercato da inizio anno ed i paesi emergenti il peggiore, e con l’Eurozona mediamente invariata o frazionalmente positiva. Il momentum dei flussi tende ad esacerbare tali divergenze, con ulteriori deflussi dagli emergenti ed afflussi sugli Stati Uniti.

Sul mercato delle obbligazioni societarie, la ridotta liquidità e l’elevata volatilità, frutto della fase di alta incertezza ed avversione al rischio, tendono a penalizzare l’asset class.

Sul mercato dei cambi, la domanda ricorrente è quanta parte della liquidazione di posizioni si è già verificata, per tentare di prevedere la stabilizzazione del mercato. Dalle evidenze disponibili appare che tale liquidazione è sinora stata molto ampia per il dollaro australiano, che sconta l’elevata percentuale di possesso obbligazionario da parte di non residenti, un deficit delle partite correnti e debolezza dell’economia. Il rafforzamento dell’euro attualmente in atto deriva da dati macroeconomici meno deboli e quindi dall’ipotesi di riduzione del differenziale di crescita con altre aree economiche.

Tra le materie prime, in settimana petrolio in ripresa e metalli industriali ed agricoltura deboli. L’asset class è poco mossa da aprile ma con prospettive non esaltanti, a causa soprattutto dell’indebolimento delle prospettive di crescita dei paesi emergenti.

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