La stele di Grilletta

Intervista di Beppe Grillo a Bloomberg Businessweek. Alcune cose risapute, altre ribadite. Qualche reticenza di troppo, su criticità non esattamente minori del nostro futuro come comunità nazionale. Nel complesso, Grillo conferma agli osservatori esteri che il nostro paese ha la febbre alta, e che alcune figure sul nostro palcoscenico politico sono null’altro che questo: il sintomo di una malattia in aggravamento, tanto maggiore quanto più il loro seguito elettorale cresce, per evidente disperazione oltre che congenita propensione alla credulità dell’elettorato italiano.

Grillo attacca spiegando i motivi dello scarso feeling suo e del suo movimento con la stampa italiana:

«Ci attaccano perché siamo percepiti come una minaccia all’Europa. Non vogliamo parlare dell’euro. Vogliamo rinegoziare i miliardi di euro di interessi annui che ci stanno mangiando vivi»

E questo lo sapevamo, è il tema del default sovrano che Grillo ha una fretta disperata di infliggere agli italiani, i quali probabilmente non hanno ancora pienamente compreso gli effetti di una simile trovata. Segue la ripetizione ossessiva del mantra delle “banche tedesche e francesi”, che rappresenta una narrativa berlusconiana in essenza, peraltro non l’unica nel repertorio di Grillo. Quando “le banche francesi e tedesche avranno recuperato i loro soldi, ci lasceranno affondare”. Le cose non stanno in questi termini, ma non importa.

L’intervistatore chiede a Grillo se sia giusto fare default sul debito pubblico, quando nel paese esiste molto risparmio privato. Grillo risponde da par suo:

«Questo è debito pubblico. Non lo si può ripagare con patrimoni privati»

Ovviamente questa risposta conferma che Grillo non ha mai smesso di essere un comico, visto che quello che per lo stato è debito, per i privati è credito, cioè patrimonio, e che un default sul debito pubblico verrebbe pagato colpendo i patrimoni privati. Ma forse questa intervista è stata piagata da insuperabili barriere linguistiche, chissà.

Grillo poi si scopre emulo di Flaiano e Prezzolini, quando risponde alla domanda su cosa e dove ha sbagliato l’Italia: “It was the Italians. Il che fa perlomeno pensare che servano campi di rieducazione per la popolazione di questo paese, o che la medesima continui anche in questo momento a sbagliare clamorosamente, nei propri orientamenti elettorali, M5S incluso. Tutto è cominciato, secondo Grillo, con gli accordi tra lo stato e la mafia. Ma non parliamo della famosa Trattativa bensì della “mafia finanziaria”, quella dei consigli di amministrazione delle imprese. Da qui, con un ardito salto quantico, Grillo ribadisce che si è arrivati al golpe di Napolitano, d’intesa con Pd e Pdl, per mettere il M5S  “in un angolo”.

Ma non disperate, la democrazia trionferà, e questo avverrà durante la palingenesi del nostro default, perché “la Grecia è il nostro specchio”. Si conferma quindi che Grillo punta decisamente al “tanto peggio, tanto meglio”. Non che ne avessimo dubbi ma questa è la sua posizione ufficiale, ad uso della stampa estera, che per definizione non distorce mai il suo pensiero. Per liberarsi da questo giogo antidemocratico, Grillo punterà a mandare in televisione i suoi esponenti più preparati ed a rendere “itinerante” sul territorio sofferente la sua rappresentanza parlamentare.

Si giunge poi al tema dei temi: euro, che fare? Grillo ribadisce che vuole un referendum, al termine di “un anno di informazione” (e come la fa lui, non la fa nessuno), ma si esprime in un modo assai criptico:

«Io sono oltre l’euro. L’euro non è più un problema. Siamo già fuori dall’euro. Il nostro problema non è l’euro. Il problema reale è il debito»

Premesso che effettivamente Grillo è sempre così avanti che a volte si dribbla da solo, da questa frase pare di capire che basterebbe un default sul debito per rimettere le cose a posto (si fa per dire), senza bisogno di uscire dall’euro. Ma subito dopo elabora in direzione opposta a questo concetto, parlando del referendum. Che serve perché

«Vogliamo la nostra sovranità monetaria. Se stampassimo moneta ora, ci sarebbe un poco di inflazione ma saremmo competitivi con tutti i paesi del mondo»

Queste sono ruminazioni mal digerite di concetti altrui, ben più complessi, ma passi. Quello che appare incomprensibile è perché in una risposta il nostro eroe pare disinteressarsi dell’euro, e nella successiva consideri fondamentale riprendersi la leggendaria sovranità monetaria. Al che, l’intervistatore (che immaginiamo in preda ad un fastidioso stato vertiginoso) chiede a Grillo come voterebbe in questo referendum, in particolare se voterebbe per uscire dalla moneta unica. Grillo si incarta e non risponde, sdegnato. Ecco l’originale, perché tradurre è un po’ tradire:

«I, absolutely. Well I, I tell you … with a referendum, I’d also accept the euro if it was chosen by the Italians»

Ma come, prima serve solo il default, poi serve la sovranità monetaria, poi si deve accettare la volontà degli italiani? I quali, come detto poco prima, sono in effetti causa dei propri mali. Perché “uno vale uno”:

«Il principio è che certe decisioni appartengono al collettivo. E quindi io accetto la decisione del collettivo»

Che, detta così, pare uno schema calcistico maoista o cambogiano. E tutto finisce con un bel “sono affari miei, non suoi”. E vabbè. Resteremo con questa indeterminatezza di fondo, attendendo il “collettivo”. Per passare la nottata, o almeno l’estate, Grillo ha lanciato sul suo blog un divertissement su quali sono le forze che controllano l’Italia dall’esterno, privandola della propria libertà di autodeterminazione. Un perfetto passatempo cospirazionista, di quelli che permettono di trovare una radice a tutti i mali. La massoneria, gli americani, i tedeschi, l’uomo che fuma di X-Files. Noi abbiamo una risposta alternativa, anche leggendo la mirabile chiarezza di intenti di Grillo: e se la causa prima dei mali d’Italia fossero proprio gli elettori italiani ed il prodotto delle loro scelte?

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