Ulteriori evidenze, se mai ve ne fosse bisogno, che le “tre frecce” della Abenomics sono in realtà due, cioè stimoli fiscali reiterati e stampa furiosa di moneta, e che l’intero giocattolo rischia di scoppiare in faccia ai giapponesi. Così non potrete dire che non lo sapevate.
Il Giappone è attualmente impegnato, assieme ad una dozzina di altri paesi, nella realizzazione della Trans Pacific Partnership , un accordo commerciale di libero scambio. Queste iniziative servono, attraverso la riduzione delle tariffe all’importazione, ad aumentare l’interscambio commerciale. Nel caso giapponese questo significherebbe la possibilità per gli esportatori giapponesi (soprattutto manifatturieri) di accedere a nuovi mercati, mentre al contempo forzerebbe, attraverso la concorrenza estera, la ristrutturazione di molti produttori domestici inefficienti.
E qui sorgono i problemi. Perché da sempre i governi giapponesi non si azzardano neppure lontanamente a pensare di rimuovere le protezioni a favore di agricoltori ed allevatori domestici. Al punto che sono stati identificati 586 prodotti da materie prime agricole, rientranti in cinque categorie già definite “sacre”, che in nessun caso devono subire la concorrenza esterna. Il problema è che questi prodotti agricoli rappresenterebbero il 7% dell’interscambio commerciale, una quota troppo elevata per aspirare ad ottenere esenzioni a piè di lista nel negoziato per la TPP. Il Partito Liberaldemocratico del premier Shinzo Abe dovrebbe fronteggiare la rivolta di una propria fondamentale constituency.
E quindi, che soluzione? In questi giorni pare farsi strada l’ipotesi di concedere ad agricoltori ed allevatori dei sussidi diretti, in caso di rimozione parziale o totale delle barriere tariffarie. Ora, non ci vuole un Nobel per capire che questa “soluzione” sarebbe molto simile alla levata d’ingegno che prevede di ammortizzare l’impatto dell’aumento di tre punti di Iva con nuova spesa pubblica e nuove agevolazioni fiscali. In questo caso avremmo un effetto finale pressoché nullo sul deficit, che resterebbe quindi elevatissimo (intorno al 10% di Pil), mentre nel caso di sussidi diretti agli agricoltori avremmo nuovo deficit netto. E vissero tutti felici e contenti.
Se a questo si aggiunge che la “terza freccia ” di Abe, quella che doveva operare dal lato dell’offerta, liberalizzando il liberalizzabile, resta immersa nella nebbia, e che da essa era comunque stato escluso il mercato del lavoro, potete (o dovreste) agevolmente realizzare che il Giappone si avvia verso un mare di guai. Prendetene buona nota, a futura memoria.