Tra svolte e sfondoni

Ieri Eurostat ha comunicato che il debito pubblico italiano del terzo trimestre 2013 è diminuito, in valore assoluto ed in percentuale del Pil. Parrebbe una notizia positiva, ma come sempre il diavolo di nasconde nei particolari.

Nella veste dell’esorcista si è calato il professor Ugo Arrigo su Leoni Blog segnalando che, per convenzione, Eurostat registra il debito pubblico lordo, come da parametri di Maastricht, e non quello netto, che è la grandezza di riferimento ai fini di sostenibilità effettiva. Confrontando la grandezza lorda con quella netta, si scoprono cose interessanti. Come scrive Arrigo:

«Non dimentichiamoci tuttavia che Eurostat registra il debito pubblico lordo (perché lo richiede il trattato di Maastricht), non ridotto della liquidità del Tesoro, dei depositi presso la Banca d’Italia e dei prestiti ai meccanismi europei salvastati. Se togliamo queste voci, che rappresentano attività a fronte della passività del debito, otteniamo il debito pubblico netto, grandezza un po’ più importante di quello lordo per valutare le tendenze della finanza pubblica»

Come si osserva dalla tabella nel post, nel terzo trimestre 2013 il debito pubblico netto italiano è aumentato da 1922 a 1950 miliardi di euro. Il lordo è calato perché

«Ecco dunque svelato il mistero: tra giugno e settembre 2013 il debito pubblico netto dell’Italia non è diminuito ma è anzi aumentato di quasi 29 miliardi (e in solo trimestre bisogna dire che è un bel balzo). Tuttavia il Tesoro non ha pagato l’eccesso di spese sulle entrate del trimestre emettendo nuovi titoli netti, nel qual caso si sarebbe accresciuto in misura equivalente il debito pubblico lordo e l’Eurostat ce lo avrebbe prontamente segnalato, ma ha preferito utilizzare liquidità già disponibile e depositi presso la Banca d’Italia. Poiché tale disponibilità è stata ridotta di quasi 36 miliardi a fronte di un’esigenza di pagamenti non coperta da incassi per 29 miliardi, ecco che apparentemente il debito si è ridotto. Ma è solo apparenza e non vi è ovviamente nulla da festeggiare»

Una  brillante operazione di window dressing, nulla da dire. Che è piaciuta molto dalle parti di Palazzo Chigi:

“Dopo i dati Istat sulla ripresa dell’industria”, i dati Eurostat sul debito pubblico sono “un’altra riprova della bontà del cammino di politica economica intrapreso, un nuovo segnale che ci incoraggia a proseguire sulla strada delle politiche per la crescita, nel rispetto della tenuta dei conti pubblici”. Lo afferma il premier Enrico Letta (Ansa, 22 gennaio 2013)

Con codazzo di amplificazione mediatica, naturalmente. Ricordando che stiamo parlando del paese che continua ad avere tasso di crescita del Pil nominale inferiore al costo medio del debito pubblico, e per questo motivo è costretto ad avanzi primari ampi e protratti. Non è ancora tempo per festeggiare.

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