“Nei primi due mesi dell’anno aumentano del 20,7% i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato e aumenta la quota di lavoro stabile sul totale, passando dal 37,1% del primo bimestre 2014 al 41,6%. Stabili le retribuzioni nei nuovi contratti a tempo determinato”. Lo comunica l’Inps sulla base dei dati dell’osservatorio sul precariato. Se vi fermate a questa frase, vi fermate al dato lordo. Rimettete la bottiglia nel secchiello.
In particolare, nel primo bimestre dell’anno, si sottolinea nella nota, i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato stipulati in Italia sono stati 307.582, il 20,7% in più rispetto all’analogo bimestre del 2014 e pari a 52.712. Se si considerano anche le conversioni a tempo indeterminato di rapporti a termine e gli apprendisti ‘trasformati’ in tempo indeterminato, i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato stipulati sono 403.386 (in questo caso la variazione rispetto allo stesso periodo del 2014 è di +12,3%). Sempre nel primo bimestre, le assunzioni a tempo determinato sono scese del 7% rispetto ai primi due mesi del 2014 e le assunzioni in apprendistato dell’11,3%. Ogni 10 del mese, a partire da oggi, verranno pubblicati sul sito Inps gli aggiornamenti tabellari dei nuovi rapporti di lavoro e delle retribuzioni medie.
Il numero che conta, ai nostri fini di “nettisti”, è che i rapporti di lavoro attivati nei primi due mesi del 2015 sono stati 968.883, solo 13 in più rispetto ai 968.870 dei primi due mesi del 2014. Pertanto, e come cerchiamo di dirvi ormai da tempo, obiettivo prioritario della ristrutturazione delle tipologie contrattuali (e del sussidio triennale per gli assunti nel 2015) è e sarà quello di fare sparire o almeno comprimere le forme più barbare di precarietà, non certo quello di creare occupazione aggiuntiva. Che poi i nuovi rapporti a tempo indeterminato (già definiti “lavoro stabile”) serviranno ad accendere mutui e quant’altro, senza intervento di fideiussori paterni e materni, lo scopriremo solo vivendo.
E dopo Istat, anche Inps mette mano a dati netti ad alta frequenza. Evoluzione certamente positiva, vista l’insostenibilità del frastuono propagandistico delle ultime settimane. Ma la ripresa è e resta altra cosa. E qui valuteremo sempre e solo la discrasia tra numeri e slogan. I fideisti si mettano il cuore in pace: siamo proprio su piani esistenziali differenti.