In attesa della ufficializzazione al consiglio dei ministri di questa sera, e basandoci sui numeri del documento governativo pubblicato da lavoce.info, possiamo tentare di valutare a spanne quanto sono realistiche le ipotesi su congiuntura e conti pubblici per il prossimo biennio. Soprattutto, non può non caderci l’occhio su un dato, che il governo Renzi pare essersi già felicemente speso, per tentare di scongiurare le clausole di salvaguardia 2016.
Partite da pagina 10 del documento. Si è detto, non senza qualche ragione, che le stime governative di variazione del Pil nel 2015 sono molto prudenziali, diremmo anche intellettualmente oneste. Una crescita del Pil reale dello 0,7%, e di quello nominale dell’1,4% appaiono realistiche, ad oggi. Il governo vede il vero decollo congiunturale nel 2016, in effetti. Ma è nel 2015 che si pongono le basi. L’esecutivo, per quest’anno, ipotizza infatti una crescita degli investimenti dell’1,1% che non è uno scherzo, visto che nel 2014 abbiamo chiuso a -3,3%. In dettaglio, si ipotizza un buon recupero di macchinari ed attrezzature e la sostanziale stabilizzazione delle costruzioni. Diciamo, come regola generale, che ogni swing di voci di Pil, da un anno all’altro, deve indurre ad indagare o almeno a porsi domande.
Altra leva strategica di quest’anno, propedeutica al decollo 2016, nelle intenzioni del governo, è il rimbalzo di produttività del lavoro ed il conseguente abbattimento del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP), che rilanciano l’occupazione: in termini di ULA (unità di lavoro equivalente nell’anno, il vero indicatore delle condizioni del mercato del lavoro), la crescita prevista nel 2015 è dello 0,6% dopo l’esile +0,2% del 2014. Epidermicamente, questi dati ci paiono un po’ ottimistici.
Come detto, è nel 2016 che il governo Renzi vede il decollo dell’economia italiana, dopo i prodromi del 2015. Il Pil reale cresce di 1,3%, quello nominale addirittura del 3%. Ed è partendo da questi numeri che possiamo raccordarci con la futuribile legge di Stabilità 2016, che vedrà la luce solo tra qualche mese ma su cui dobbiamo focalizzarci sin d’ora, per capire (ad esempio) se e come riusciremo a disinnescare la clausola di salvaguardia da 16 miliardi. Intanto, con una stima di crescita del Pil nominale al 3%, è del tutto evidente attendersi un rimbalzo spontaneo di entrate tributarie. In effetti, al 2016, il governo ha un deficit-Pil programmatico a 1,8%. Quello che lascia perplessi è però la correzione dell’indebitamento netto prevista da Renzi e Padoan nel 2016: solo un decimo di punto percentuale. Rispetto al pareggio strutturale sono 8 miliardi di euro “spendibili”, con cui (ad esempio) finanziamo la metà della clausola di salvaguardia. Ma non pensate male.
La domanda sorge spontanea: premesso che una crescita nominale del Pil del 3% non autorizza in alcun modo ad invocare le circostanze eccezionali per rinviare per l’ennesima volta il perseguimento dell’obiettivo fiscale di medio termine (MTO), cioè il pareggio di bilancio strutturale, cosa fa credere a Renzi di potersi già “spesare” l’assenza di correzione aggiuntiva verso il MTO? Basterà invocare le “riforme strutturali”, che di solito nel breve periodo tendono a deprimere la crescita, per avere questa agevolazione? A tutto ciò, aggiungiamo i proventi delle privatizzazioni, che probabilmente, nelle intenzioni del governo, saranno la moneta di scambio con Bruxelles per ridurre il rapporto debito-Pil in modo soddisfacente. In soldoni, sarebbero circa 6-7 miliardi quest’anno, e circa 8 l’anno per il prossimo biennio.
Se siete sopravvissuti sino a questo punto, la sintesi estrema è: il DEF incorpora un valore “realistico” di crescita del Pil 2015, ma singole componenti del medesimo appaiono impegnative (gli investimenti); anche il recupero del mercato del lavoro nel 2015, in termini di produttività ed occupazione, appare ad oggi piuttosto ottimistico; il governo si gioca tutto sul 2016 (allo stesso modo in cui nell’ultima Stabilità approvata si giocava quasi tutto nel 2015), prevedendo una crescita nominale molto robusta che a noi appare in piena rotta di collisione con la sostanziale assenza di correzione al deficit-Pil strutturale. Ma questa è la variabile politica europea, come noto. Da ultima ma non per ultima, la wildcard “privatizzazioni”, con un cronoprogramma già ammorbidito rispetto alla versione dello scorso anno. Ora, attendiamo la realtà.
Aggiornamento – Prendete la differenza tra il deficit tendenziale e quello programmatico, che sono pur sempre numeri scritti sulle nuvole o sull’acqua. Trasformatelo in un incorporeo “tesoretto” (odioso termine che sintetizza il fallimento di un paese fondato sulle fiabe), da 1,6 miliardi di euro, e promettete di decidere che farne “nelle prossime settimane”, magari a ridosso delle elezioni amministrative. Questo è creare denaro dal nulla, quanto e più dei magheggi delle banche centrali. Semplice e perverso in un modo disarmante. Non finirà bene.