Sono un ragazzo ciclicamente fortunato

Poiché il nostro premier non perde occasione per ricordarci quanto è stato bravo ed efficace a far “ripartire l’Italia”, malgrado torme di gufi e portasfiga assortiti che intralciano la sua opera con i loro sabba e le loro macumbe, mentre rigetta sdegnato le constatazioni secondo cui la ripresina italiana sarebbe esclusivo frutto di una irripetibile congiuntura esterna, oggi vi omaggiamo di una nota di ricerca che tenta di quantificare la misura di questo “bonus esogeno”. Più precisamente, ci presenta un controfattuale: di quanto sarebbe stata la crescita nei paesi dell’Eurozona se non vi fossero stati deprezzamento dell’euro e crollo del greggio?

La nota è realizzata dal capo economista della banca francese Natixis, il veterano (e molto bravo) Patrick Artus, e la potete leggere per intero qui sotto. Noi vi forniamo le basi della simulazione. Prendiamo i quattro maggiori paesi dell’Eurozona (Germania, Francia, Italia, Spagna), e valutiamo l’impatto su di essi dei due shock positivi (cambio dell’euro e prezzo del greggio), isolando la crescita esogena così prodotta da quella endogena ai paesi analizzati. L’orizzonte temporale dell’analisi è l’anno compreso tra il primo trimestre 2015 e lo stesso periodo del 2014.

Sul piano causale, è piuttosto intuitivo:  la caduta del prezzo del greggio induce disinflazione, e spinge quindi la crescita di salari reali e tasso di risparmio lordo delle famiglie. Che a loro volta inducono un aumento dei consumi delle famiglie che Artus stima, nel periodo di analisi, compreso tra lo 0,5% della Germania e l’1,1% della Spagna. Il deprezzamento dell’euro, per contro, ha un impatto negativo sul reddito reale delle famiglie, attraverso l’aumento dei prezzi all’importazione non petroliferi. Questo impatto negativo è stimato dal capo economista di Natixis all’incirca pari a metà dell’impulso espansivo dato dalla disinflazione dei prezzi del greggio.

Si procede poi a stimare in quale misura il deprezzamento dell’euro ha spinto l’export dell’Eurozona. Dati i pesi dell’export sul Pil dei vari paesi, otteniamo aumenti ad un anno che variano da 1% per la Germania al 2,3% per la Spagna, con l’Italia beneficiata per 1,2%.

Il quarto canale di crescita analizzato è quello degli investimenti aziendali. Il calo del prezzo del greggio ed il deprezzamento dell’euro migliorano infatti la profittabilità aziendale. Ciò può indurre un aumento degli investimenti, che possono crescere anche nel caso in cui l’aumento dell’export determini la saturazione della capacità produttiva. A livello macro, un calo del prezzo del greggio riduce (ceteris paribus) i consumi intermedi delle imprese, migliorandone quindi i margini (a parità di costo del lavoro per unità di prodotto), mentre il deprezzamento dell’euro aumenta (sempre a livello macro e sempre ceteris paribus) il pricing power, cioè la capacità di aumentare i prezzi di vendita, ovviamente destinati all’estero. La simulazione di Natixis mostra che solo in Italia è possibile ritenere che i due shock positivi abbiano indotto una ripresa degli investimenti statisticamente significativa.

La sintesi? Ecco quale sarebbe stata la crescita, nel periodo compreso tra il primo trimestre 2015 ed il primo trimestre 2014, se non fossero intervenuti il crollo del greggio ed il deprezzamento dell’euro, tra parentesi la crescita tendenziale effettivamente conseguita:

  • Germania +0,25%;
  • Francia -0,03%;
  • Spagna +1,52%;
  • Italia -1,03%

Morale? Siamo stati beneficiati in modo abnorme dai due shock esogeni positivi. Detto in altri termini, la nostra ripresa è maledettamente ciclica. Poi, se siete il premier italiano, potete anche fare la ruota e dire che siete molto ganzo, avendo riportato il paese alla crescita. Perché siete un ragazzo fortunato, oltre che arrogante e con forte predilezione per le correlazioni spurie. Vale il solito caveat, però: attenzione che il vento cambia. E diventare tempesta è un attimo.

Natixis Oil and Currency Bonanza in Eurozone

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