Oggi la Banca d’Italia ha comunicato il dato di gennaio delle “principali voci dei bilanci bancari”. Si tratta di grandi aggregazioni su base tendenziale, cioè annuale, di prestiti e raccolta (depositi e obbligazioni) in contropartita del settore privato, cioè famiglie e società non finanziarie, ovvero imprese. Da esso si ricavano alcune certezze, sul presunto vigore della nostra presunta ripresa.
Il credito alle famiglie resta relativamente robusto, con un incremento tendenziale dello 0,8%. Ma è utile sapere che questo traino deriva dal credito al consumo e non dai mutui, per effetto del consolidamento nelle statistiche Bankitalia delle società di credito al consumo di tre grandi gruppi bancari. Per contro, il credito alle imprese sta già mostrando segni di stanchezza, con una variazione tendenziale di -0,9%, da -0,7% di dicembre. Interessante notare che l’unico mese di variazione positiva di questa voce è stato quello di novembre, con un aumento tendenziale dello 0,2%. Verosimile ipotizzare che la gracilità della ripresa si rifletta in scarsa domanda di credito, in prima approssimazione. I più ottimisti potranno affermare che la disintermediazione del settore bancario per opera dello “shadow banking” di casa nostra (fondi di credito, mini bond eccetera) procede secondo le attese. Epidermicamente avremmo qualche dubbio al riguardo.
Andando a scavare nella base dati di Bankitalia scopriamo cose interessanti. Ad esempio che a gennaio il “totale depositi di famiglie consumatrici residenti in Italia” è aumentato a 911.595 milioni. A ottobre, cioè prima della risoluzione delle quattro banche, erano 890.898 milioni. Speriamo che questo metta a nanna le interpretazioni piuttosto confuse di alcuni nostri editorialisti, che nelle settimane passate sono arrivati a scrivere di calo dei depositi conseguenza del simil bail-in del 22 novembre. Ovviamente, il fatto che i depositi stiano aumentando, a livello aggregato, magari anche per l’arrivo a scadenza di obbligazioni bancarie (una specie palesemente minacciata di estinzione) nulla dice riguardo agli spostamenti di clientela tra banche, che sono in atto.
Nel frattempo Istat comunica che prevede un incremento del Pil del primo trimestre dello 0,1%, con un intervallo di confidenza compreso tra -0,1% e +0,3%. Ma conta dire che “la crescita italiana si rafforza” (cit. Pier Carlo Padoan). Il quadro che emerge da questi numeri è oggettivamente quello di una “crescita” al confine con la stagnazione o di una stagnazione al confine con la ripresa. Altro numeretto del giorno è che, secondo un sondaggio Istat, nel periodo gennaio-novembre 2015, il 50% delle imprese manifatturiere ed il 60% di quelle dei servizi hanno annesso “molta” o “abbastanza” importanza alla decontribuzione straordinaria nelle proprie decisioni di assunzione. Tanto comprensibile quanto preoccupante per il futuro. Ma che ve lo dico a fare?
Per sintetizzare, diremmo che il nostro paese è riuscito, nell’ultimo anno, a portare a casa un’ossimorica “stagnazione dopata”, da fattori esterni ed interni. Cose non da tutti, come potrete intuire.