Sic transit bazooka mundi

Ogni cosa bella o presunta tale ha un termine, cioè arriva a scadenza. Per i più tecnici, il gioco è bello quando dura poco e comunque sin quando non arrivano i rendimenti decrescenti. Che poi è quello che plasticamente è accaduto oggi a Mario Draghi ed al suo annuncio di ulteriore allentamento non convenzionale della politica monetaria della Bce. Ancora una volta, come sempre più spesso accade nel loro attuale mood, i mercati hanno festeggiato salvo poi impiantarsi ed invertire brutalmente la marcia di fronte ad una frase di puro commonsense di Draghi.

In rapido dettaglio: il tasso di rifinanziamento marginale (MRO, Main Refinancing Operation), cioè il tasso chiave a cui la Bce presta alle banche commerciali dell’Eurozona, scende a zero, da 0,05%. Cambia poco ma si conferma, come ha suggerito lo stesso Draghi, che le banche possono continuare a contare sui rubinetti apertissimi di Francoforte per far fronte agli importanti rimborsi di bond bancari previsti per i prossimi mesi ed anni e contrastare la “volatilità”. Bene per le italiane ma anche per qualche tedesca.

Il tasso sui depositi liberi delle banche presso la Bce scende a meno 0,40%, con un taglio di altri 10 centesimi. Questo sarebbe il “veleno” che rischia di intossicare le banche, come noto. Come antidoto, Draghi ha creato le TLTRO 2, operazioni di credito “mirato” alle banche commerciali che concederanno credito all’economia in misura superiore al precedente giro di prestiti finanziati con strumento analogo dalla Bce. La cosa sfiziosa, di questa pozione-antidoto contro i tassi negativi, è che si parte con le banche che pagano zero ma, se aumentano la richiesta di fondi, il tasso diventa negativo e può raggiungere il valore pari a quello dei depositi, oggi cioè meno 0,40%.

In soldoni, e semplificando, le banche vengono pagate per fare credito. Ganzo!, direte voi. Beh, si e no. Se il cavallo non beve, cioè se le aziende non chiedono credito, le banche non hanno modo di concederlo. Cioè si rischia di spingere su una stringa. A meno di spingersi a offrirlo, a condizioni stracciate, a debitori rischiosi. In tal caso, aumentiamo il rischio di trovarci, in futuro, con un portafoglio crediti ammalorati e sofferenti.

Che altro? La Bce comprerà 80 miliardi al mese, in luogo di 60, aggiungendo ai titoli di stato anche obbligazioni societarie (corporate) non bancarie. Interessante esperimento, indurrà un ribilanciamento di portafoglio a favore delle obbligazioni corporate di rischio non elevato (infatti è stato messo il limite dell’investment grade) ma questo servirà per i paesi che hanno grandi e medi corporate che possono emettere debito per le finalità più disparate ma non per paesi come l’Italia, che hanno una prevalente popolazione aziendale di nani e micro-nani che faticano anche ad emettere dei mini-bond.

Ma che è accaduto in conferenza stampa, che ha finito con lo schiantare i mercati azionari e fare invertire violentemente la marcia all’euro, che sino a quel momento era in forte deprezzamento contro dollaro? Nulla di particolare, solo che Draghi ha detto una cosa di puro buonsenso:

«Questo significa che possiamo andare all’ingiù quanto vogliamo [sui tassi] senza avere conseguenze sul sistema bancario? La risposta è no»

Tradotto: è pur sempre veleno, non possiamo intossicare le banche. E comunque, in caso, ci restano strumenti non convenzionali non legati ai tassi d’interesse. Un secondo dopo che Draghi ha pronunciato quella frase, l’euro è partito a razzo, manco i tassi fossero stati alzati, le borse hanno picchiato, i rendimenti sono aumentati. Fine di una ruvida giornata.

Che dire, quindi? Che la politica monetaria ha o dovrebbe aver finito, e che i mercati sono e restano isterici e pronti a vedere sconquassi dietro ogni angolo di strada. Servirà pensare ad altro, non prima di aver dato merito a Draghi di averci salvato le terga sin qui. O forse di aver perpetuato la torsione e distorsione dei fondamentali, secondo qualcuno (ma non secondo chi scrive).

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