Accade a Roma, capitale d’Italia, paese facente parte (per ora) del G7. Accade nell’anno 2016 mentre ferve il dibattito su startup, digitalizzazione pervasiva, controllo in tempo reale delle gestioni finanziarie e su (o giù) per li rami, sino alle nostre stesse esistenze. È la sintesi del dissesto civile, prima che economico, di un paese. Gli esiti talvolta sarebbero anche esilaranti, se il quadro d’insieme non fosse disperante.
La premessa: il comune di Roma ha ottenuto dal governo (quello di Berlusconi, sindaco Alemanno) la creazione di una sorta di bad company, chiamata gestione commissariale, a cui sono stati conferiti i debiti contratti sino al 2008 ed una massa di crediti di dubbia esigibilità, per usare un blando eufemismo. Lo stato italiano eroga ogni anno alla gestione commissariale 500 milioni di euro, mentre i romani ad essa devolvono quasi metà del 9 per mille pagato come addizionale Irpef. C’è anche un sovrapprezzo di un euro per gli imbarchi aerei da Fiumicino, per non farsi mancare nulla.
Ad oggi, i debiti della gestione commissariale ammontano a 11,9 miliardi di euro, a valore attuale, di cui 8,768 miliardi di natura finanziaria. In questi anni, la gestione è riuscita a farsi erogare prestiti dalle banche, garantendoli con i flussi di fondi attesi dal governo centrale. Quando poi le cose precipitano, cosa che avviene con una certa regolarità, c’è sempre un Salva Roma da estrarre dal cilindro per spostare altro debito alla gestione commissariale e presentare una gestione corrente risanata e ripulita, almeno per qualche mese, e il giochino riparte. C’è stato anche chi ha tentato di trasferire alla gestione commissariale crediti inesigibili da affitti del comune, tu guarda. Una sorta di moto perpetuo, con “sofferenze” che si formano e riformano e vengono periodicamente spostate nella Bad Company.
E a proposito dei debiti pregressi, ecco la notizia: una di quelle che sarebbero piaciute al marziano di Flaiano, inducendolo ad anticipare la partenza:
“Né i piani di rientro del debito di Roma Capitale finora redatti, né il documento di accertamento definitivo del debito sembrano contenere una ricognizione analitica e una rappresentazione esaustiva della situazione finanziaria da risanare antecedente al 2008. D’altronde, come anticipato, attualmente, per il 43% delle posizioni presenti nel sistema informatico del Comune di Roma, non è stato individuato direttamente il soggetto creditore”. Così il commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale, Silvia Scozzese, durante un’audizione in commissione Bilancio della Camera (Ansa, 5 aprile 2016)
A Roma abbiamo i creditori mascherati ed il sistema disinformatico, in pratica. Con flussi di cassa annuali della gestione commissariale che resteranno negativi fino al 2039, sempre secondo la commissaria Scozzese, e con una gestione ordinaria praticamente radioattiva, l’unico piano di rientro ipotizzabile è quello alla realtà.
Un paese alla disperata ricerca di bad bank, bad company e quant’altro, per sistemare i propri peccati, e poterne commettere di nuovi. Un bad country, in pratica. Se solo potessimo stampare moneta, signora mia.