Capitalismo per le masse, il rischioso entusiasmo dei neofiti

Il governo sta pensando a misure di agevolazione fiscale per incentivare la “canalizzazione del risparmio” (cit.) verso le piccole e medie imprese. Iniziativa astrattamente meritoria, non foss’altro perché rimedia (sia pure in modo parziale) all’inasprimento di tassazione del risparmio che ha caratterizzato l’esordio di Renzi come gabelliere e cultore della neolingua, ma che tuttavia va costruita con molta attenzione, ad evitare di produrre distorsioni e guai che non sarebbero poi così dissimili dal disastro di aver permesso alle banche di inzeppare di obbligazioni subordinate il portafoglio di innumerevoli incolpevoli (ed ignoranti, nel senso etimologico del termine) risparmiatori retail.

Si chiameranno Pir, piani individuali di risparmio, giungono a colmare una evidente lacuna italiana rispetto a molti altri paesi europei, dove i piccoli risparmiatori godono di esenzioni d’imposta su una parte dei loro redditi di capitale. Il problema è che, nella declinazione italiana, questi conti di risparmio agevolato paiono essere mirati esclusivamente all’investimento in capitale di rischio delle piccole e medie imprese, il che conferisce allo strumento un profilo di rischiosità molto elevato. In aggiunta, volendo prendere sul serio le indiscrezioni di queste ore, la quota di risparmio destinabile ai Pir è talmente generosa da rischiare di abbattere in modo sanguinoso il gettito dell’imposta sostitutiva sui redditi di capitale, causando quindi una voragine nei conti dello stato.

Come spiega il capo della segreteria tecnica del Mef, Fabrizio Pagani,

«La detassazione sarà accordata sugli investimenti detenuti per almeno tre anni (se si vende prima, si pagano le normali imposte sui capital gain, cioè il 26%). I Pir potranno veicolare capitali alla quasi totalità delle imprese italiane, quotate e non, visto che saranno escluse, precisa il capo della segreteria tecnica, solo le aziende con un fatturato superiore ai 300 milioni l’anno. Per questa via, secondo le stime dei tecnici, potrebbero affluire alle Pmi circa 10 miliardi di euro l’anno. Sembrano tanti ma si tenga conto che le famiglie hanno una ricchezza mobiliare che la Banca d’Italia valuta in circa 3.800 miliardi. E comunque si tratta pur sempre di un investimento in capitale di rischio e quindi riservato a risparmiatori con un profilo adeguato»

Quindi, par di capire, parliamo solo di investimenti di capitale, focalizzati su una ed una sola tipologia di attivi, le azioni o quote di piccole e medie imprese e non anche di debito? In un caso e nell’altro, ovvia l’esigenza di precisare che serviranno investitori, più che risparmiatori. E la distinzione non è di lana caprina. Si tratta di una sorta di investimento di private equity, oggi non disponibile al risparmiatore retail. Il quale potrebbe quindi essere fuorviato dall’offerta, puntando sull’esenzione d’imposta, senza rendersi conto di cosa va a sottoscrivere. Quello che lascia perplessi, come detto, è che il governo voglia incentivare il risparmio privato su scala così mirata e restrittiva. Basta dare un’occhiata a quello che accade nel Regno Unito per capire che parliamo di tutt’altra cosa. In UK esiste la Personal Savings Allowance, che rende esentasse il reddito di capitale di contribuenti con imponibile fino a 17.000 sterline, mentre chi ha reddito fino a 43.000 sterline annue ha esenzione fiscale sui redditi di capitale sino a mille sterline annue. Il beneficio si azzera per redditi di capitale percepiti da soggetti con reddito annuo superiore a 150.000 sterline. La Personal Savings Allowance opera su conti correnti, titoli di stato, rendite vitalizie pensionistiche, investment trust e persino il credito peer-to-peer. In aggiunta ad essa esistono gli Individual Savings Account (ISA) che coprono interessi sui conti di risparmio ma anche investimenti azionari. Il punto è che ogni contribuente britannico può destinare ad investimento ISA un importo massimo attualmente fissato a 15.240 sterline. Il che è inequivocabilmente piccolo risparmio. In sinergia con la Personal Savings Allowance, il conto ISA garantisce che ad essere incentivati in modo sostanziale siano effettivamente i piccoli risparmiatori (anche se chiunque può segregare in un conto ISA le 15.240 sterline), oltre a consentire una gamma di investimenti molto ampia e dal profilo di rischio gestibile. Nel caso dei Pir italiani, invece, parliamo esclusivamente di investimenti in capitale di rischio di imprese non quotate. Notate la lieve differenza, nell’incentivazione del risparmio?

Ma non finisce qui perché, se le prime indicazioni troveranno conferma, l’opzione italiana non appare destinata solo ai “piccoli” risparmiatori:

Il risparmiatore, spiega Pagani, potrà investire «in esenzione d’imposta», cioè senza pagare tasse sui rendimenti, fino a 30 mila euro l’anno, fino a un massimo cumulato negli anni di 150mila euro

Il che è sinceramente assurdo, per il rischio di scavare voragini nei conti pubblici oltre che di trasformare pensionati che sino a ieri investivano in depositi postali o Bot in veri e propri venture capitalist, e porre le basi per risvegli assai ruvidi. Rischieremmo di avere la riedizione della mattanza delle obbligazioni subordinate ma su capitale d’impresa, non su debito. Senza parlare della profilazione dei clienti, per verificare la loro adeguatezza a questo tipo di investimenti altamente rischiosi. Chi la verificherà? E chi gestirà il grande business della “canalizzazione del risparmio” degli italiani verso il capitale di rischio delle Pmi? Forse le banche? E magari in conflitto d’interesse, in caso volessero liberarsi di qualche esposizione problematica di troppo? E ancora: visto che parliamo di capitale di rischio, come reagiranno i piccoli e medi imprenditori italiani all’idea di portarsi in casa dei soci a tutti gli effetti? Come dovrà cambiare la governance aziendale? Ultima cosa, sempre relativa all’investimento in “economia reale”. Lo stesso tipo di schema concettuale, quello dedicato ai fondi pensione per mettere una toppa all’inasprimento della tassazione del risparmio previdenziale, non è di fatto ancora partito. Tra chiacchiere e fatti, c’è di mezzo la realtà.

Questi sono i prodotti dell’entusiasmo dei neofiti del capitalismo per le masse. E rischia di essere molto pericoloso.

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