Stato fallito di necessità

Nella parolaia estate italiana, l’ultima bolla di fermentazione che esce dallo stagno è la presa di posizione del candidato governatore alla Regione Sicilia, il grillino Giancarlo Cancelleri, che teorizza un occhio di riguardo per il leggendario “abusivismo di necessità”, quello della povera ‘ggente, in pratica. Tra un distinguo e l’altro, la polemica è tornata a divampare.

I Verdi hanno sparato a zero contro il regolamento edilizio dell’amministrazione grillina di Bagheria, che di fatto sana a vasto raggio, dapprima assegnando il diritto di abitazione a chi ha commesso l’abuso o ai suoi familiari, poi prevedendo la sospensione dei procedimenti amministrativi di demolizione dell’immobile abusivo. Infine, prescrivendo di mettere all’asta per la vendita l’immobile abusivo dando diritto di prelazione a chi ha commesso l’abuso o ai suoi parenti in linea retta. Il trionfo dell’iniziativa privata, si potrebbe commentare, se in questo paese di analfabeti non solo economici esistesse senso dell’ironia.

Quello che pare essere diabolico, nella reiterazione dell’illegalità, è il fatto che nel regolamento di Bagheria (secondo il leader nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli) non si farebbe differenza tra abuso in zona vincolata e non. La successiva polemica rovente ha portato i grillini ad invocare questi provvedimenti come ammortizzatore sociale in assenza di pianificazione territoriale ed edilizia sociale ma, come noto, il diavolo si nasconde nei particolari e tende ad essere italiano, soprattutto per picchi di ipocrisia.

Il presunto candidato premier grillino, Luigi Di Maio, oggi ribadisce a Repubblica che occorre partire dal leggendario stato di necessità, che è poi il modo con cui, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, da decenni si mietono voti (di scambio). Il piagnisteo che alimenta il meridionalismo d’accatto di cui questo paese non riesce a liberarsi, e che ora pare trovare i fu-legalitari grillini schierati dalla parte della ‘ggente, senza se e senza ma. Perché la colpa è sempre della politica, ça va sans dire, ma la politica è espressione e proiezione dell’elettorato. Elettori ed eletti imboccano la strada in apparenza più breve e comoda, almeno nel breve termine. Un ciclo che si rafforza ed autoalimenta. Ma evidentemente, per il populismo straccione che pare aver infettato questo paese sino al midollo, questa è l’unica via per raggiungere e mantenere il consenso. E se qualcosa va storto, sono state la Ue e la Germania.

Non è detto che dalle elezioni siciliane esca un governo regionale stabile. Da quelle parti i governi non sono stabili neppure se frutto di maggioranze bulgare, peraltro. Ci sono molti elementi per affermare che, in caso di maggioranza grillina, avremo la ripetizione della farsa capitolina su scala ampliata. Ma ci sarà sempre modo di affermare che la colpa è del governo centrale che non fornisce risorse, che complotta contro l’audace “esperimento sociale” grillino, che quindi serve andare a vincere le elezioni politiche e comunque “lasciateli lavorare”, come dicono le tribù che appestano la Penisola, ad ogni giro di giostra elettorale.

Il condono edilizio e lo “stato di necessità” sono l’immagine speculare di questa forma di indulgenza ed autoindulgenza di ampi strati sociali di questo paese, forse eredità della cultura cattolica dell’autoassoluzione. Non stupisce di trovare questi concetti reiterati con tale frequenza; stupisce semmai che in questi anni vi siano state resistenze visibili a questo mainstream culturale, con lo stop nazionale ai condoni. Forse perché il costo del degrado del territorio, in termini di vite umane, appariva insostenibile. Forse occorre lasciare che la natura faccia il suo corso, chissà.

Come che sia, la stagione dell’autoindulgenza pare essere tornata di prepotenza, ed i grillini hanno le carte in regola per interpretarla sino alla fine. Perché spesso in questo paese la legalità “di popolo”, quella interpretata dai nostri Robespierre all’amatriciana, è stata solo desiderio di essere “cooptati nel sistema”, e di poter partecipare all’illegalità diffusa. Non è un caso che, per molti, rispettare le leggi significhi “essere fessi”. C’è sempre una deroga dietro l’angolo, e ci serve per la “pace sociale”.

Solo una nota a pié di pagina per l’intervista di oggi di Di Maio, in cui il volenteroso giovanotto che dice di ispirarsi a Sandro Pertini spinge agli estremi la teorizzazione dello “stato di necessità”, ribadendo un vecchio spin e dogma propagandistico grillino, quello dell’intangibilità della prima casa, che i pentastellati vogliono rendere impignorabile da Stato e banche. Appena il caso di segnalare che, se la casa di abitazione fosse intangibile, le banche cesserebbero di erogare mutui, ed il mercato si fermerebbe d’istante e d’incanto. Ma non si può chiedere ai grillini di conoscere le “leggi” di base dell’economia. Il loro chavismo e madurismo senza idrocarburi è la prossima ed ultima fermata di uno stato fallito. Per necessità, s’intende.

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