Sapelli, il dichiaratore sdegnato

In Italia abbiamo una genìa di opinionisti, intellettuali, dichiaratori compulsivi ed addetti ai livori, come li definì tempo addietro quel genio di Dago, che passa le giornate a farsi trovare da giornali e talk televisivi che chiedono loro un parere risolutivo sullo scibile umano. Il pensiero corre immediato a Giulio Tremonti ma non si deve scordare un altro Giulio, ancor più vulcanico e scultore della certezza dell’immortale “ve l’avevo detto, io”.

Parliamo di Giulio Sapelli, l’uomo che ha tutto visto e tutto intuito, che reprime a fatica il proprio sdegno per l’umana corruzione e che, all’indomani del crack di Banca Etruria, sentenziava così:

«La vicenda Boschi non c’entra nulla con la vicenda delle Banche Popolari. Ogni storia di quelle banche è una storia diversa e non ha nulla a che vedere neanche con l’ignobile abolizione del credito popolare da parte del Governo, unico in Europa a pensare provvedimenti del genere. La responsabilità di questa questione ricade interamente su Banca D’Italia. In tutti questi anni nonostante proteste e avvisi non è mai intervenuta. E quando lo ha fatto non ha mai trovato nulla. Chi conosce gli uffici di controllo di Banca d’Italia come me non può certo stupirsi che le cose siano andate così. E il motivo è semplice: sono uffici senza competenze» (Vita, 18 dicembre 2015)

E oggi, intervistato dalla Gazzetta di Modena e Reggio, ci illumina:

«Qui ci troviamo, invece, di fronte a un palese attacco politico con l’obiettivo di oscurare i problemi del nucleo dirigente renziano con le vicende delle banche toscane travolte dal crack»

Solo i cretini non cambiano mai idea. E Sapelli è notoriamente un genio, lo abbiamo riconosciuto da tempo. Un altro giro di giostra per la nostra dichiarazia, prego.

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