Negli ultimi giorni sono stati pubblicati i dati di febbraio di produzione industriale e manifatturiera nei paesi europeo. Nei tre maggiori paesi dell’Eurozona (Germania, Francia, Italia), i risultati sono stati negativi e peggiori delle attese ma ciò che conta (per evitare il solito rumore statistico sul singolo dato mensile), è che fanno segnare il secondo mese consecutivo di contrazione, confermando quello che era già evidente: l’Europa, e l’Eurozona, stanno frenando a livello manifatturiero, quindi il picco ciclico di crescita potrebbe essere alle nostre spalle.
Nel dato Istat di febbraio, pubblicato oggi, si osserva che a febbraio l’indice destagionalizzato della produzione industriale registra una diminuzione dello
0,5% rispetto al mese precedente, a fronte di attese per una crescita mensile dello 0,8% . Quello che tuttavia emerge come un potenziale campanello di allarme è che si tratta del secondo calo mensile consecutivo, dopo il -1,8% di gennaio. Vero che a dicembre vi fu un vero e proprio boom, con crescita mensile del 2,1%, e che quindi potrebbe trattarsi di un ripiegamento fisiologico, ma occorre prestare attenzione.
Proprio in conseguenza dell’exploit di dicembre, nella media del trimestre dicembre 2017-febbraio 2018 la produzione è aumentata di un ancora confortante 1,4% rispetto al trimestre precedente. Ma il rischio per il nostro paese è che, in assenza di un poderoso recupero del dato di marzo, l’industria segni una contrazione trimestrale e freni la crescita del Pil del primo trimestre, oggi attesa a +0,3%. La prima stima sarà pubblicata il prossimo 2 maggio.
In Europa, negativa anche la manifattura francese, con -1% a gennaio e -0,6% a febbraio, mentre la produzione industriale tedesca a febbraio segna una contrazione dell’1,6% e nello stesso mese gli ordini di fabbrica crescono molto meno delle attese, dopo il vistoso calo di gennaio.
Che dire, di tutti questi numeri? Che, malgrado la rumorosità statistica dei dati mensili e, in certa misura anche dei bimestrali, un qualche rallentamento manifatturiero in Europa è certamente in atto. È vero che gli indici dei direttori acquisti, che sono un sondaggio e non hard data, mostrano livelli di attività elevati, con correzioni contenute e fisiologiche, ma occorre ricordare che i cosiddetti indici di sorpresa economica (qui sotto il grafico di quello più noto, elaborato da Citigroup), che misurano lo scostamento tra stime e dati effettivamente pubblicati, da metà febbraio sono in caduta libera per l’Eurozona, a testimonianza di reiterate delusioni.
La sintesi, quindi, è che in Eurozona è in atto una frenata manifatturiera, che rischia di essere accentuata da episodi di guerra commerciale guerreggiata ma anche dall’impatto negativo che l’incertezza sull’evoluzione degli attriti protezionistici globali sta esercitando. Un esempio di incertezza? Il fatto che Donald Trump abbia esentato la Ue da dazi su acciaio ed alluminio ma solo fino al primo maggio. Dopo di che seguiranno probabilmente altre proroghe, ed il veleno inizierà ad entrare in circolo. Attendendo il bersaglio grosso dei primi 50 miliardi di sanzioni americane alla Cina, con relativo annuncio di ritorsione, e che oggi sono in un periodo di consultazione pubblica di 60 giorni prima di essere azionate.
Lecito quindi pensare che il meglio della congiuntura sia alle nostre spalle.
