Nei giorni scorsi, sul sito di analisi e proposte di politica economica di sinistra con venature sovraniste “Economiaepolitica“, è stata pubblicata una proposta di “riordino” delle spese sociali previdenziali, assistenziali e di stimolo fiscale esistenti, finalizzato al finanziamento di un reddito di cosiddetta cittadinanza, costante e permanente, che l’autore della proposta qualifica (bontà sua) “condizionato”, pur senza mai sporcarsi le mani con declinazione operativa di tale condizionalità.
Ve la faccio molto breve: si tratterebbe di mandare al macero le politiche attive del lavoro, a vantaggio di una erogazione che viene definita “condizionata”, con una non lieve dose di ipocrisia, mentre in realtà si punta tutto sullo stimolo alla domanda aggregata ed ai consumi che tale sussidio produrrebbe.
A parte alcune premesse fortemente ideologizzate, come l’esigenza di “recuperare 20 anni di innovazioni liberiste del mercato del lavoro, dalla legge 196 al Jobs Act”, vediamo le fonti e gli impieghi di questa “rivoluzione”. In primo luogo, quantitativamente, 9 dei 15 miliardi di spesa verrebbero dai famosi 80 euro di Renzi, definiti “sgravi fiscali per i ceti medi”.
Al netto della forzatura di una simile classificazione, non sono pregiudizialmente ostile a rivedere questa erogazione, che critico da quando è stata introdotta. Poi vedremo se ed in che modo i nostri eroi si metteranno contro i percettori, spostandola ad altre ipotesi di intervento. E la coperta resta corta, se pensiamo che dal versante pentastellato questi nove miliardi dovrebbero andare ai reddito di cittadinanza, mentre i leghisti vorrebbero usarli per la cosiddetta flat tax. Ma non divaghiamo.
Altri 2,75 miliardi di coperture verrebbero dall’assorbimento del reddito d’inclusione (Rei). Qui il rischio è quello di fare un bel mischione tra politiche di attivazione e contrasto alla povertà, cioè tra politiche del lavoro e quelle sociali, come aveva ben evidenziato Luigi Oliveri. Ah, ma che sbadato che sono: le politiche di attivazione sono libberiste, serve altro. Quindi quei fondi possono essere tolti alla destinazione attuale.
Ed infatti ecco che tra le coperture verrebbero utilizzati i 2 miliardi di assegno di ricollocazione e Garanzia Giovani. Di quest’ultima, nell’assetto attuale, credo in pochi sentirebbero la mancanza. Salterebbero poi anche l’espansione della Naspi, l’assistenza per la disoccupazione (Asdi) e l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (Dis-coll). Il motivo ve l’ho detto: secondo il proponente di questo riordino, le politiche attive sono l’artefatto liberista dei rapporti di produzione (ve l’ho detta alla marxista, vi piace?)
Lo studio non quantifica la platea di destinatari ma i conti sono presto fatti, e li fa Dario Di Vico oggi sul Corriere, commentando la proposta: 1,6 milioni di individui se prendiamo l’importo magico di 780 euro mensili per i single, e tre milioni di beneficiari se l’assegno scendesse a 400 euro mensili. Ora, non serve una laurea in astrofisica per intuire che si tratterebbe di platea comunque troppo ristretta e di conseguenza l’importo iniziale di 15 miliardi è destinato ad esplodere, date le premesse ideologiche di questa analisi. Oppure, dopo aver buttato a mare l’orpello liberista-paternalista delle politiche attive, ma volendo tenere fermo l’importo da destinare al sostegno della domanda aggregata, spenderemmo spiccioli pro-capite. Oppure no, ideona! Destiniamo l’intera Naspi, e non solo le sue estensioni, al reddito di cittadinanza fintamente condizionato, tanto la sola cosa che conta è la domanda aggregata.
Il numero di percettori è però destinato ad esplodere (e con esso la spesa) per un altro banalissimo motivo: il potente disincentivo all’offerta di lavoro e l’altrettanto vistoso incentivo all’allargamento del sommerso che un sussidio del genere porta con sé. Il trionfo degli inattivi in nero, in pratica. Questo punto non viene mai trattato dagli adoratori dello stimolo alla domanda aggregata, strano. Anzi, no, per nulla strano. Però questa proposta, come detto, è del tutto de sinistra, oltre ad avere un dichiarato intento redistributivo (della povertà, immagino), e come tale destinata a fare salivare copiosamente alcuni editorialisti. Anche qui, nessuna sorpresa: se le politiche attive del lavoro sono un’ubbia degli odiati liberisti, e se il solo stimolo alla domanda aggregata salverà il mondo, allora ci siamo. I conti non tornano ma ci siamo.
Io invece resto in attesa della campanella di fine ricreazione. Che temo si trasfomerà nel suono delle sirene che avvertono che occorre recarsi nei rifugi.