Ieri, lo stagno italiano ha prodotto l’ennesima bollicina da fermentazione, solo un po’ più grande del solito. A generarla è stata la pubblicazione, su Repubblica e sul Giornale, di un messaggio vocale Whatsapp di Rocco Casalino, portavoce del presidente del consiglio. Un messaggio molto ruvido, diciamo così, che ha suscitato una puntuale ondata di sdegno e qualche giustificazionismo dei soliti letti e sentiti in questo paese, contro i “burocrati”. Che, indigeni o stranieri, sono da sempre l’ultimo ostacolo al conseguimento della felicità.
Il punto della questione è uno solo: il whatsapp vocale di Casalino è coperto dal vincolo di riservatezza e protezione delle fonti, che a sua volta è alla base della deontologia giornalistica? Secondo il premier, assolutamente sì. Conte si è spinto oltre, ipotizzando la violazione della segretezza delle comunicazioni, che è vulnus delle libertà costituzionali.
La direttrice de l’Huffington Post, Lucia Annunziata, ha difeso i suoi due giornalisti accusati di aver “soffiato” il messaggio vocale, portando alla sua pubblicazione. Annunziata ha fatto notare, opportunamente, che già il 19 settembre i giornali erano pieni di articoli che segnalavano la “incazzatura” delle leggendarie “fonti parlamentari” del M5S contro gli odiati burocrati che proprio non riescono a trovare “‘sti c. d dieci miliardi su una spesa pubblica di oltre ottocento miliardi”, come siamo abituati a leggere ed ascoltare dai tempi di Berlusconi.
Non si inventa nulla, sia chiaro: le regole del gioco prevedono un portavoce della presidenza del consiglio che dosa attentamente le informazioni ad esponenti della stampa. Un do ut des molto “naturale”, alla fine, con ampie venature ludiche. Però a volte capita che qualcuno esorbiti dalle proprie funzioni e venga colto da qualcosa di molto simile a delirio di onnipotenza. Alla fine, trovarsi ad avere ai propri piedi la stampa italiana rischia di essere destabilizzante per l’ego, e condurre ad errori. Sai com’è, hai visto mai che puoi mandare il messaggio “in esclusiva” al direttore di un tg, durante una diretta, e premiarlo per l’attenzione che ti rivolge e rivolgerà? Il problema è quando il tuo ego ti porta a mostrarti mentre ti esibisci in questo ruolo demiurgico, non ci fai una grande figura ma, ehi!, siamo in Italia, dopo tutto: non è che adesso ti vengono a chiedere conto di quella che qui da noi è solo una simpatica goliardata, no?
Però, un bel (o brutto) giorno, il giocattolo si guasta. Qualcuno si stanca di questo cenacolo di spifferi, fatto di acquiescenza, e qualche editore che non ama troppo la squadra di governo pro tempore, decide che è giunta l’ora di dare una lezione al goliardo di turno ed ai suoi datori di lavoro. E quindi, ecco che il giochino della “tutela delle fonti riservate” salta, e il portavoce è nudo nella sua protervia.
Quale era l’obiettivo di far saltare il giochino di omertà tutela delle fonti? Questo punto è interessante. In un paese con più anticorpi, l’effetto sarebbe stato quello di rimuovere lo sconsiderato portavoce e produrre un serio danno al suo partito, in termini di sanzione sociale. In Italia, invece, dove abbiamo un elettorato ed un’opinione pubblica ormai persi, l’effetto finale è un bel “ma ha ragione, basta con questi burocrati che violentano la volontà popolare!”. Quindi, il portavoce ed il suo datore di lavoro rischiano persino di rafforzarsi.
Poco contano quelli che qui da noi appaiono sofismi, come ad esempio il fatto che le coperture finanziarie hanno in primo luogo copertura politica, come ribadito dal ministro dell’Economia, e che i “burocrati” c’entrano ben poco se non fornire alla politica un menù di opzioni percorribili. Del resto, è lo stesso partito che esprime il premier ed il suo portavoce ad aver da molto tempo identificato le coperture per una maxi manovra da decine di miliardi di euro, no? Forse, il fatto che la realtà abbia assestato un bel ceffone a questa gente trova risposta in messaggi di frustrazione (ma che servono anche a rassicurare i militonti), che i fidi giornalisti debbono tradurre con titoli quali “Ira del M5S: i gruppi parlamentari sull’orlo della rivolta contro Tria”, e cose del genere.
A monte, il messaggio per i fidi iscritti all’Ordine dei giornalisti arriva ben più ruvido, per nutrire l’ego di un signore che ha ben compreso come funzionano le cose in un paese dove la dignità professionale è un ridicolo orpello e dove quindi i fili nella schiena e negli arti possono essere tirati a piacere, se sei seduto nel posto giusto. Ben più divertente della Playstation, alla fine. L’auspicio è che questa vicenda possa aiutare la nostra stampa a raddrizzare la schiena, ma questa è una ridicola illusione. Da noi “proteggere le fonti” continuerà ad essere un gioco delle parti per spedirsi pizzini.
Alla fine, i giornali continueranno ad essere ingegnosi ordigni: per darvi l’idea, pensate ad escrementi riposti dentro una buca delle lettere, da svuotare alla bisogna mediante potenti ventilatori.
Raccogliere punti fragola, funziona così. Il premio è ricevere prima la notizia di un peto delle “fonti parlamentari” https://t.co/VFQkX0NQwT
— Mario Seminerio (@Phastidio) September 23, 2018
Lettura complementare consigliata, tra diritto e democrazia – Perché la diffusione dell’audio di Casalino non è illecita, di Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani