La Penisola del Tesoretto e delle riforme deformi

Dopo il reddito di cittadinanza, pare che anche Quota 100 produrrà avanzi rispetto agli stanziamenti triennali. Questa sarebbe una buona notizia, visto che parliamo di misure demenziali che non solo spingeranno la spesa corrente per prestazioni sociali ma sono destinate a lasciare cicatrici profonde nella struttura di spesa pubblica italiana. Dico sarebbe perché sono già iniziate corse e rincorse a vergare la lista della spesa per spendere quanto avanzerà.

Questi ipotetici avanzi hanno già prodotto l’abituale pervertimento linguistico italiano, che considera “tesoretto” un impegno di spesa non completamente erogato.

Oggi si segnala un report dell’Osservatorio previdenziale della Fondazione Di Vittorio, facente capo alla Cgil, che prevede per quest’anno “solo” 128 mila pensionamenti con Quota 100, contro i 290 mila stimati dal governo. Nell’intero triennio, le uscite agevolate sarebbero un terzo della previsione, cioè 325 mila contro 973 mila. Ciò si tradurrebbe in un minore esborso per di 1,6 miliardi nel 2019, 2,9 nel 2020 e 2,6 nel 2021.

Inutile dire che la Cgil ha già presentato le richieste di utilizzo del residuo: ad esempio, flessibilità in uscita per tutti dopo i 62 anni, nuove salvaguardie per lavoratori discontinui, precoci e usurati, e creazione della pensione di salvaguardia per i giovani. Venghino!

Intanto, nei giorni scorsi, il sito Reforming.it, un think tank che si occupa di analisi e proposte di policy per l’economia e le istituzioni, ha pubblicato una prima analisi settoriale, all’11 aprile, delle domande di pensionamento con Quota 100. Da essa si evince che il pubblico impiego prevale nelle richieste di uscita, non in valore assoluto (lì primeggia il settore privato), quanto per incidenza delle richieste di uscita sul totale della popolazione di lavoratori del comparto.

Come commentare questa ripartizione, rispetto alla leggenda metropolitana dell’altissimo turnover atteso tra pensionati e neo-assunti? In primo luogo, che i concorsi nella PA hanno tempi tecnici di espletamento non brevi, anche di oltre un anno rispetto alle uscite. Poi, che non è affatto detto che serva un turnover al 100% (ovviamente):

Anzi, l’eventualità più plausibile è che ci siano ambiti in cui sarà avvertita urgenza di sostituzione (per esempio la sanità, come già viene fatto rilevare da Regioni e Asl), e altri in cui, almeno a rigor di logica, il pensionamento potrebbe essere occasione per una spending review sul personale (lì dove ci sono organici in sovrannumero o mismatching di competenze);

L’esito immediato saranno grossi problemi soprattutto a livello di servizio sanitario nazionale, e già leggiamo di medici pensionati richiamati in servizio. Ma se analizziamo la misura in ottica di intervento a favore di categorie in difficoltà, scopriamo che l’obiettivo è mancato o fortemente ridimensionato:

Non ultimo, emerge una evidenza in più per riflettere sull’utilità di aggiungere quest’altro canale di pensionamento anticipato, se poi esso viene utilizzato in misura prevalente da lavoratori, come i pubblici, che nella maggior parte dei casi hanno alle spalle carriere continue, stabili (anche dal punto di vista dei luoghi di lavoro), su mansioni relativamente poco gravose e usuranti. Sicuramente si poteva avere più attenzione al targeting della misura, anche avendo in mente specifici ruoli e inquadramenti all’interno del lavoro pubblico.

Quindi, per riassumere: da Quota 100 si attende basso turnover, quindi riduzione del tasso di partecipazione alla forza lavoro, oltre a tensioni su specifici settori della PA. Inoltre, un grande segmento di beneficiari saranno soggetti di fatto già privilegiati, come i dipendenti pubblici. Un applauso al disegno dei meccanismi.

Ma non è tutto: analizziamo le domande di Quota 100 su base geografica, e scopriremo che le maggiori richieste (al 3 aprile) provengono da province caratterizzate da minore Pil pro capite e minori tassi di occupazione, cioè quelle meridionali.

Qui, i ricercatori di Reforming sospendono il giudizio, ritenendo ancora insufficienti i dati:

La debolezza economica di quelle province potrebbe sia far propendere per una risposta positiva, contando sul fatto che si aprono posizioni lavorative che altrimenti in quei territori sarebbero sorte con difficoltà o neppure sorte, sia per una negativa, temendo che proprio quella debolezza (che nel Mezzogiorno ha radici strutturali) possa non rendere conveniente e/o praticabile il turnover. In questo secondo caso, Quota 100 potrebbe tradursi, da subito, in una riduzione secca degli occupati, con probabili ripercussioni negative sull’attività economica.

Ho l’impressione che la prima ipotesi interpretativa sia puramente di scuola, e che alla fine prevarrà la seconda. Servirebbe anche disaggregare i dati per valutare quanti tra i richiedenti il pensionamento risultano disoccupati. In questo caso, è evidente che il potenziale di turnover sarebbe ancora più basso.

Attendiamo allora, il mese prossimo, il primo punto-nave da parte dell’Inps, auspicabilmente con ampi livelli di disaggregazione, ma da questi primi numeri emerge qualcosa più che il rischio di un provvedimento fuori target, sia rispetto alla mitologica (nel senso di inesistente) staffetta generazionale, sia rispetto a quello della mitigazione delle “sofferenze” di specifiche categorie di lavoratori da pensionare.

Sarebbe bastato spacchettare l’intervento, sulla base delle singole criticità, per raggiungere risultati più efficaci ed efficienti. Ad esempio, proseguire sulla strada dell’Ape sociale, con eventuale potenziamento. Se ci riflettete, valutazioni analoghe si possono fare per il reddito di cittadinanza, nel senso di spacchettare gli interventi di politiche sociali (via REI potenziato) da quelli sul mercato del lavoro e delle politiche attive.

È stato invece fatto un gran minestrone, nei due ambiti, forse per catturare quanti più voti possibili, e le disfunzionalità iniziano ad emergere. Fortunatamente, tali disfunzionalità pare tendano a produrre avanzi rispetto agli stanziamenti. Ma questa “fortuna” rischia di non essere tale, visto che sta già iniziando l’assalto alla diligenza del “tesoretto”.

Che miserabile paese, quello che definisce in tal modo il deficit aggiuntivo.

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