Dal private banking al patriot banking

Oggi la Associazione italiana Private Banking (AIPB), ha presentato i risultati del settore per il 2019. In tale circostanza, la sua segretaria generale ha approfittato per rilanciare la ormai celebre proposta del Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, di indurre le famiglie italiane ad aumentare la quota di risparmio investita direttamente in titoli di stato.

Secondo Antonella Massari, quindi,

Superata l’emergenza liquidità, il contributo del risparmio privato sarà infatti necessario per finanziare progetti di crescita e ristrutturazione
industriali ma anche per finanziare il crescente fabbisogno pubblico. Come evidenziato di recente da esperti banchieri ed economisti, esiste spazio nell’impiego del risparmio delle famiglie per una maggiore quota di titoli di stato italiani, in presenza di sgravi fiscali e destinazione economica, che ne favoriscano il collocamento.

Tutto molto bello anche se, come ho spiegato, l’esperto banchiere Messina ha scordato di sommare al possesso diretto di titoli di stato quello indiretto, mediante fondi comuni, fondi pensione e polizze.

Ciò premesso, ecco l’idea:

[…] nuove emissioni della Repubblica Italiana di lungo periodo (25/30 anni), consentendo il trasferimento alle generazioni future non solo di un debito pubblico imponente ma anche di una parte di crediti, a memoria del contributo dato alla rinascita economica.

Bello, no? Potremmo chiamarli Memorial Bond, ma forse il nome porta alla mente del freddo marmo chiaro, con incisione di date di nascita e morte. Quindi penseremo ad altro. Ma per arrivare a questo obiettivo strategico, serve la spintarella fiscale:

A titolo di esempio, nello scenario atteso di emissioni di titoli pubblici a tassi contenuti e con basso rischio grazie agli acquisti garantiti dalla BCE, il collocamento, eventualmente una tantum, di restart bonds o generational bonds, ossia titoli di Stato Italiani a lunghissimo termine può essere favorito da un regime fiscale con esenzione dell’imposta di bollo, delle imposte su successioni, donazioni, cedole e capital gain a beneficio dei residenti in Italia, vincolato ad un determinato periodo di mantenimento.

Allora, abbiamo trovato il nome dei bond, e direi che è indubbiamente migliore di quello che avevo scelto io. Resta inteso che le agevolazioni fiscali di cui si parla dovrebbero avere carattere comunitario per l’intera Ue, perché un singolo paese difficilmente potrebbe adottarle in autonomia.

Potrei anche aggiungere che il cliente di un private banking dovrebbe essere in grado di conoscere la percentuale di possesso totale, diretto ed indiretto, di una tipologia di titoli, per poter valutare se si trovi o meno in una condizione di sufficiente diversificazione del rischio.

A proposito di diversificazione, l’associazione dei private banking pensa a tutto: non solo a finanziare l’enorme debito pubblico italiano ma anche gli investimenti della “ricostruzione”. Sempre Massari:

La normativa sui cosiddetti Eltif (European Long Term Investment Funds), già presenti da tempo sul mercato europeo, potrebbe costituire la base di partenza per lo sviluppo definitivo del finanziamento a medio lungo termine delle aziende del Paese attraverso il contributo diretto degli investitori privati. Per fare il salto di qualità, però, occorre alzare i limiti di investimento per l’accesso ai benefici fiscali, altrimenti ininfluenti per una clientela di tipo Private.
In quest’ambito sarà comunque necessario procedere con cautela, rafforzare competenze e capacità di analisi in uno scenario diventato ancora più complesso da prevedere dove si rende ancora più evidente la necessità di un’assistenza professionale.

Quindi, una clientela affluente o spesso facoltosa dovrebbe anche aumentare la propria propensione al rischio, spostandosi sull’alternativo illiquido. Per aumentare la diversificazione, sia chiaro. La formula suggerita è quella dei PIR, adeguata alla consistenza del portafoglio dei clienti. L’unica differenza è che qui parliamo di un illiquido assoluto, che di conseguenza va gestito in modo accorto e professionale. Ah, dimenticavo: un alternativo illiquido concentrato sull’Italia.

E come si farebbe? Così:

Un impulso a questo sviluppo potrebbe venire dalla proposta ipotizzata dalla Commissione Europea, di istituire una categoria di ‘investitori semi-professionali’ che auspichiamo possa comprendere le famiglie che pur mostrando un approccio all’investimento piuttosto tradizionale e non disponendo necessariamente di competenze finanziarie evolute, hanno elevate disponibilità finanziarie (superiori a 500 mila euro) e obiettivi di ampia diversificazione del proprio portafoglio, che soddisfano avvalendosi di un servizio di consulenza finanziaria o gestione patrimoniale per i quali sono disposti a pagare una parcella professionale.

Quindi, ricapitoliamo: se hai molti soldi da investire ed un private banker che ti segue, dovresti essere considerato investitore “semi-professionale” anche se investi in modo “tradizionale” e non conosci la differenza tra un Btp ed un estintore, perché il tuo banker ti prende per mano e ti porta nel meraviglioso mondo dell’alternativo illiquido, dietro parcella e comunque tutelando la diversificazione dei tuoi investimenti.

Quella diversificazione che lo stesso banker pare disposto ad attenuare in caso tu non abbia Btp in portafoglio ma invece (mettiamo il caso), una polizza vita di Ramo I in cui i Btp pesano per il 60%. Eh, però non hai Btp singoli, quindi c’è spazio per sottoscrivere i restart/generational bond in esenzione fiscale: piatto ricco mi ci ficco!

Continuo ad essere perplesso di fronte a queste prese di posizione degli “addetti ai lavori” basate su una fallacia originale, ma è certamente limite mio. Dopo aver ridefinito il concetto di diversificazione e quello di investitore professionale, siamo pronti per cambiare anche la definizione di questo tipo di attività: non più private banking bensì patriot banking. E solo uova italiane nel vostro paniere, mi raccomando. La frittata sarà ancora più gustosa.

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