E l’Italia diede i numeri
Oggi sul Corriere leggiamo che il piano industriale di Alitalia (o come si chiama ora) dovrà essere riscritto per superare il vaglio dei cattivoni di Bruxelles. Ora, capita abbastanza di frequente che un business plan sia scritto con l’ottimismo della volontà. Ma, come sempre, est modus in rebus e a volte accade che tale ottimismo della volontà sia lievemente ipertrofico, soprattutto quando ci sono di mezzo soldi pubblici. Nel caso di ITA-Alitalia, inoltre, è proprio l’approccio, di ispirazione sovietica, a causare persistenti emicranie.
Perché di “ispirazione sovietica”? Semplice. Perché, esattamente come per il caso di Ilva, i vari esecutivi italiani succedutisi dall’inizio di questa vecchia-nuova saga alitaliana, hanno deciso di tenere fermi i livelli occupazionali, e intorno a essi costruire un universo parallelo di rossiniano crescendo del business.
Otto milioni di tonnellate, e più non dimandate
Per Ilva sono le leggendarie otto milioni di tonnellate di acciaio, strumentali allo status quo ante dell’occupazione, inclusa la sarabanda di altoforni e forni elettrici che coesistono serenamente; per Alitalia-ITA, invece, il punto è la vibrante, quasi violenta, ripresa del mercato del trasporto aereo passeggeri dal prossimo anno. Almeno, per il vettore tricolore.
Scrive Leonard Berberi, autore del pezzo:
I tecnici dell’Antitrust europeo che stanno studiando il documento di Italia Trasporto Aereo — raccontano al Corriere le fonti di Bruxelles — non avrebbero obiezioni sulla fase di start up della newco tricolore che prevede di decollare quest’anno con la metà degli aerei (52) e delle persone (5.200-5.500) rispetto all’attuale Alitalia in amministrazione straordinaria. Ma giudicano eccessivo lo sviluppo dell’aviolinea nel periodo di mezzo del business plan dove si prevede di incrementare la flotta del 65% nel 2022 e di un altro 20% l’anno successivo e, in parallelo, di aumentare i dipendenti del 35% nel 2022 e del 23% nel 2023.
Quindi, dal prossimo anno, Alitalia prevede un boom di attività, tale da innescare un boom di investimenti e conseguenti costi operativi. Che non sarebbe male, per un pianeta che esce -forse- da una pandemia. Del tutto evidente che il piano industriale è stato scritto dai nuovi vertici aziendali tenendo come pivot strategico il livello occupazionale, cascasse il mondo. Ma non siamo scioccati da questa inferenza, dopo tutto.
Duemilaventidue, l’anno del boom
Quindi, nel 2022, più che decollare, ITA finisce sparata nella stratosfera, con un raddoppio dei costi operativi, al servizio di una flotta che il prossimo anno è prevista a sua volta partire da uno spazioporto:
I tecnici dell’Antitrust Ue si chiedono come sia sostenibile per la newco italiana avere già nel 2023-2024 gli stessi aerei di lungo raggio del 2019 quando il mercato dei voli intercontinentali è previsto che torni ai livelli pre-Covid non prima del 2025-2026 e con un calo strutturale del 30% dei passeggeri «premium» (cioè alto-spendenti).
Eh, diciamo che, oltre che i tecnici dell’antitrust Ue, se lo chiedono anche i poveri contribuenti italiani più avvertiti. Sia chiaro, le previsioni di solito esistono per essere confutate ma, se il consenso va in una certa direzione e tu sei deviante, delle due l’una: o sei abituato a moltiplicare pani e pesci e farti una passeggiata sulle acque; oppure stai dando in pasto a un foglio excel alcuni tuoi sogni bagnati. Come, appunto, rendere investimenti e costi operativi la variabile dipendente, e l’occupazione quella indipendente. Come negli anni ruggenti dell’URSS, appunto. Quando non c’era la dittatura hobbesiana del mercato, signora mia.
Il personale? Non trasborda
C’è da aggiungere che, nei giorni scorsi, il MEF ha risposto alle 123 domande dell’antitrust europeo su ITA, sostenendo tra le altre cose che
Nel piano industriale l’ipotesi è di decollare con 5.200-5.500 dipendenti, la metà di quelli in capo all’attuale Alitalia. Italia Trasporto Aereo chiarisce che assumerà il personale dal mercato e pescherà nel bacino di Alitalia soltanto se «sarà l’opzione migliore». In ogni caso l’assunzione di questi ultimi non avverrà attraverso un trasferimento automatico, ma con «contratti nuovi» che contengono all’interno criteri nuovi — definiti da ITA — in termini di remunerazione e produttività
Punto piuttosto interessante, non trovate? Del resto, credo che il MEF, invocando la discontinuità dalla precedente gestione, non potesse scrivere altrimenti. Ma è comunque singolare che, dopo che i vari governi italiani sin qui succedutisi hanno solennemente giurato che i livelli occupazionali sarebbero stati sacri e inviolabili, ora ci si dica disposti (per tenere tranquilla Bruxelles?) a lasciar cadere ogni ipotesi di trasferimento automatico di personale da Alitalia a ITA. Non solo: si suggerisce persino che i livelli retributivi potrebbero essere resettati, nel passaggio. Lieve incongruenza, che dite? E i sindacati, che dicono?
La scatola nera dell’inchiostro rosso
Ultima noterella antropologica: da Bruxelles si fa notare che
L’altro capitolo che richiede approfondimento secondo l’Antitust europeo è quello della rete di collegamenti che intende operare ITA nei cinque anni di piano: nella lettera dell’8 gennaio chiedeva anche dati sulla profittabilità collegamento per collegamento. Questi numeri nella risposta della newco non compaiono, rimandando il tutto a un’altra occasione.
Deve essere un segreto di Stato, la redditività stimata delle singole rotte, per difenderci dai concorrenti. Eppure, il documento mandato a Bruxelles pare abbia una bottom line, cioè la redditività dell’investimento del MEF al 2025, anno di fine piano: è il 10%. In pratica, una scatola nera. Parlando di aerei, sembra coerente. Un peccato che questi contafagioli di Bruxelles vogliano capire come si arriva a tale bottom line. Che pesantezza.
Notare qualcosa? Ma sì, i numeri, i maledetti numeri, quelli a cui questo paese si impiccherà col Recovery Fund, quelli che la nostra cultura umanistica rigetta visceralmente, che quasi ci causano uno shock anafilattico. Quelli. Tutto si tiene, lo vedete? Queste sono le basi antropologiche del fallimento di questo paese. Tra il ’22 e il ’23 ci sarà un autentico boom per ITA, lo sento (meglio non vi dica dove), quindi diamoci da fare con acquisti di aerei e rientro di personale. Ma come fai a ipotizzare questo boom se non hai numeri a corredo, direte voi? Ma su, finiamola con questo austero liberismo di volere i numeri. Non si interrompe il volo di un’emozione. Le vedete le vostre tasse, lassù?