Il post-cast: nazionalisti d’Europa, disunitevi

Manca un anno alle elezioni presidenziali francesi e un sondaggio lancia il solito sasso in piccionaia: Marine Le Pen potrebbe battere Emmanuel Macron al ballottaggio. Tornano i fantasmi del nazional-sovran-populismo, mai realmente dissolti? Ed è fattibile una alleanza di social-conservatori in Europa, tale da cambiare il paradigma e la stessa ragion d’essere dell’Unione europea?

Marine Le Pen ha disintossicato il suo partito e ora si presenta come forza aggregante che supera l’antico steccato destra-sinistra (vi ricorda qualcosa/qualcuno, anche in Italia?), affermando che la vera discriminante è tra globalisti e nativisti sovrani. Il suo Rassemblement National continua infatti a porsi come forza anti-immigrazione ma anche avversa al commercio internazionale e che strizza l’occhio al protezionismo.

Marine protezionista ma con l’euro

Riposto nel cassetto il progetto di sostituire l’euro, che è stato quello che ha contribuito ad affossarla nel 2017, Le Pen continua tuttavia a non avere idee particolarmente comprensibili sul piano economico ma ora riesce a occultare meglio questo vuoto, e può sfruttare l’evidente crisi della presidenza di Emmanuel Macron, che è riuscito in quattro anni a risultare divisivo quanto la leader di estrema destra.

Nel frattempo, il pianeta sovranista europeo prosegue con le sue photo-opportunity, che paiono essere l’unica cosa che i partiti nazionalisti riescono a produrre in comune. Giorni addietro è stata scattata a Budapest quella con Viktor Orbàn, premier ungherese il cui partito Fidèsz è appena uscito dal partito popolare europeo; Mateusz Morawiecki, premier polacco ed esponente di un partito ultraconservatore di destra reazionaria, e Matteo Salvini.

I tre hanno presentato l’involucro di una alleanza conservatrice per il “rinascimento europeo”, basato su “atlantismo, libertà, famiglia, cristianesimo, sovranità e opposizione all’antisemitismo”. L’ultimo punto farebbe anche sorridere, viste le note e radicate inclinazioni della destra ungherese e polacca sul tema, ma transeat. Ci sarebbe anche da sorridere sull’atlantismo di gente che guarda a Mosca e sospira, a dirla tutta.

Il miraggio euro-sovranista

Se la destra sovranista europea riuscisse a unificarsi almeno a livello di gruppi al parlamento europeo, la sua influenza sarebbe astrattamente rafforzata. L’avverbio è necessario, perché continua a non essere chiaro quale sarebbe la convergenza di interessi nazionali tra partiti di paesi che sono prenditori netti di fondi europei, come quelli dell’Est, e l’Italia, che ambisce a diventare povera per poter essere a sua volta assistita e beneficiaria netta ma al momento ha ancora da lavorare, sotto questo aspetto.

Verosimile che Salvini abbia aderito alla mossa di Orbàn, che punta a destabilizzare il Partito Popolare europeo che considera troppo spostato a sinistra e troppo suggestionato dalle sirene del cosmopolitismo, ma queste rischiano di essere purissime seghe mentali quando si arriva al dunque, cioè agli interessi economici.

Il sovranismo populista europeo è destinato a riprendere fiato e vigore nella misura in cui il post-pandemia del continente sarà difficoltoso e sofferto. L’Unione europea è in evidente affanno, sia per la fallimentare campagna vaccinale che per l’indurimento della logica dei blocchi, che caratterizzerà sempre più il rapporto tra Cina e Usa, con la Russia terzo incomodo molto attivo a coltivare e allargare le divisioni nazionali europee.

Più spesa pubblica per disinnescare i populisti

I sovranisti del vecchio continente potranno quindi giocare di sponda e di rimessa su queste situazioni ma sarà interessante vederli all’opera se e quando gli Stati Uniti chiederanno all’Europa di fare una scelta di campo, non solo verso Pechino ma anche verso Mosca. In quel momento si vedranno le abilità acrobatiche di gente che si professa “atlantista” ma pensa che la Russia sia un modello a cui ispirarsi.

Ma come si contrasta il sovran-populismo? Forse con la spesa pubblica, per rispondere alla domanda di assistenza che sale da fasce crescenti di popolazione. Prima sconfitte dalla globalizzazione, ora dalla pandemia. Qui potrà -forse- venire utile la svolta americana, che chiede al mondo e soprattutto all’Europa aliquote minime sulla tassazione d’impresa, perché ha bisogno di recuperare molte risorse per il progetto di ritorno al futuro di Joe Biden.

Gli europei potranno forse avere dagli americani un brandello di carne attaccato all’osso, col via libera alla tassazione dei colossi della tecnologia, a mezzo di tassazione del fatturato e non degli utili, a causa di assenza di stabile organizzazione aziendale nei nostri paesi. Ma immaginare una esistenza fatta di tassa e spendi, che pare essere il modello di vita delle forze politiche italiane, è arduo. Non si vive di soli sussidi, quando il tuo paese sta morendo per mancanza di competitività, oltre che per demografia.

Quindi no, il sovranismo non è affatto morto, in Europa. Ma continua a non poter essere forza aggregante sovranazionale. Al limite, lo è solo per la pars destruens, tattica, non certo per quella construens, strategica. E, soprattutto, pensare che si possa essere orgogliosamente sovrani mendicando sussidi da altri paesi resta una pericolosa illusione. Buon ascolto.

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