Tra gli effetti collaterali più pesanti della cosiddetta transizione ecologica c’è il reperimento dei minerali per le batterie, come noto. Accade quindi che uno dei maggiori produttori mondiali di litio, fornitore tra gli altri di Tesla, General Motors e BMW, lanci l’allarme del pesante squilibrio tra domanda e offerta.
Non c’è sufficiente offerta di litio per rifornire tutte le fonti di domanda, ha detto al Financial Times il CEO della statunitense Livent. Le stime attuali prevedono che il mercato del carbonato di litio crescerà dalle 700.000 tonnellate equivalenti odierne a 3 milioni di tonnellate equivalenti entro il 2030.
Domanda e offerta divergono
Secondo stime di McKinsey, al mercato mancherà un 15% di fornitura, se tutti i progetti in corso verranno realizzati. In conseguenza di questa forte discrepanza tra domanda e offerta, il prezzo del litio è decuplicato in meno di due anni, mentre le nuove estrazioni segnano il passo a causa sia di un precedente eccesso di offerta che ha limitato le prospezioni e le nuove estrazioni sia di persistenti ritardi nel raggiungimento dei livelli di estrazione previsti.
L’elevato squilibrio tra domanda e offerta sta spingendo alcuni costruttori di auto a valutare ipotesi di integrazione verticale con i produttori di minerali. Settimane addietro si è saputo che Tesla avrebbe negoziato l’acquisizione di una partecipazione del 10-20% nel trader di materie prime Glencore, che possiede direttamente miniere di cobalto, nickel e rame, oltre ad essere uno dei maggiori riciclatori mondiali di batterie.
I colloqui non hanno prodotto esito e alcuni osservatori ipotizzano si sia trattato di una mossa tattica di Elon Musk per spingere i suoi fornitori a velocizzare le operazioni di estrazione. I maggiori produttori di veicoli elettrici hanno accordi di acquisto diretto con quelli minerari, e in alcuni casi co-finanziano nuovi progetti.
Nel frattempo, in Cina si sta già sviluppando una guerra di prezzi tra produttori di veicoli elettrici, in conseguenza del rallentamento della domanda. Questo potrebbe indurre a maggior cautela sulle previsioni, ma in altre aree del mondo restano le scadenze per la fuoriuscita dal motore a combustione interna.
In Europa, ad esempio. La pressione dei costi spinge verso un fenomeno di cui si è già detto: i costruttori si concentrano sui modelli alti di gamma e maggiore profittabilità, e la domanda dei segmenti bassi viene progressivamente espulsa dalla proprietà diretta. Per tutti gli altri fortunati possessori di EV, la strada è già segnata, come ci ha ricordato la manovra lacrime e sangue del governo britannico: dal 2025 anche le auto elettriche pagheranno la Vehicle Excise Duty, o Road Tax. Nessuna sorpresa: è la spiacevole e costosa aritmetica dei sussidi verdi, ricordate?
Più a monte di queste criticità ci sono gli impatti ambientali dell’attività estrattiva e la posizione dei paesi “beneficiati” da queste risorse. Come le gestiranno? Con una maggiore presenza pubblica nell’attività estrattiva? Con vincoli ambientali molto rigidi, anche per mantenere elevati i prezzi? Lo scopriremo.